PROMO BAR

Vitigni Storici dell’Alto Adige

Questo il titolo della masterclass con protagonisti gli autoctoni Schiava e Lagrein, ma anche il Gewurtztraminer. Andrè Senoner racconta la viticultura dell'Alto Adige in una esclusiva serata evento voluta da AIS Catania con la vicepresidente regionale Maria Grazia Barbagallo

La storia produttiva del Sud Tirol era già nata nel 1142 quando l’Abbazia di Novacella produceva il vino da consumare nelle festività, grazie ai monaci agostiniani e benedettini. L’innovazione in Alto Adige arriva a metà ‘800 con Giovanni d’Asburgo fratello dell’Imperatore Francesco Ferdinando, incaricato di sviluppare l’agricoltura del Tirolo. Epoca fervente di sperimentazione, grazie anche  alla rivalità con la Francia, nella quale arrivano, spesso in dote ai matrimoni di Corte, anche le barbatelle dei vitigni internazionali come pinot nero, chardonnay e riesling. Ma Schiava e Lagrein storicamente c’erano già sin dal 1500.

Vitigni storici dell’Alto Adige” è il titolo scelto per l’evento, già perché mentre Schiava e Lagrein sono autoctoni, il Gewurtztraminer nascerebbe in Alsazia e deve la sua origine alle bacche rosa del Savagnin. Da qui la prima, grande curiosità che emerge dal racconto di Andrè Senoner, Master del Pinot Nero 2021 e Miglior sommelier italiano 2022 …”in Alto Adige non c’e’ neppure un vitigno a bacca bianca che possa considerarsi autoctono!”

La degustazione guidata voluta da AIS Catania con la vicepresidente regionale Maria Grazia Barbagallo, si apre con il racconto del territorio.  Un dopoguerra difficile, da terra di confine, che grazie al forte senso di cooperazione ed imprenditorialità ha fatto dell’Alto Adige uno scrigno di luce e territorio tra i più prolifici e all’avanguardia nel settore della viticultura, del turismo enogastronomico e non solo. 

Così è cresciuta in maniera virtuosa la qualità dei vini e la cultura dell’accoglienza negli ultimi decenni. 5000 i viticultori, che posseggono in media un ettaro e mezzo di vigna, con una percentuale ancora forte di cooperative, proprietarie del 63% circa dei terreni. La viticultura si sviluppa attorno all’Adige e alle masse d’acqua, come il Lago di Caldaro, fondamentali per la doppia funzione di scambio calorico e serbatoi di venti mitigatori.

Alla nascita dell’Istituto agrario di San Michele all’Adige nel 1874, le varietà autoctone come Lagrein e Schiava venivano affiancate da vitigni internazionali. Pian piano l’Alto Adige, che rappresenta solo l’1% della produzione italiana, si è però affermata come una delle regioni vinicole più varie e rinomate vantando ben 20 diverse tipologie di vitigni.

Nel secolo scorso la svolta vitivinicola arriva grazie al fiuto di tre rivoluzionari, come Luis Raifer, Alois Lageder e Hans Terzer, che insieme osano uscendo dagli schemi, alla ricerca di nuovi standard qualitativi, convinti che siano i piccoli dettagli a condurre all’eccellenza. Nel “rivedere” la viticultura altoatesina favorirono la coltivazione dei bianchi e la diminuzione delle rese, al fine di ottenere il massimo della qualità.

Oggi, si presentano nuove sfide, il cambiamento climatico potrà portare a spingere la viticultura più in alto, mentre aumentano le pratiche di sovescio, si punta sulla filiera corta e si recupera la tradizionale pergola altoatesina. Le piogge si concentrano ormai nel periodo estivo, improvvise e irruenti, ma per fortuna le Dolomiti proteggono questa terra fertile dai venti freddi del nord, mentre puntuale “l’ora del Garda” da marzo a settembre asciuga le vigne. Un microclima perfetto, caratterizzato da forti escursioni termiche che permettono ai grappoli di assorbire una notevole quantità di profumi e sentori aromatici, poi rilasciati durante la fermentazione.

Oggi il vitigno piu coltivato è il Pinot Grigio, ma solo 10anni fa era la Schiava, confermando l’Alto Adige come regione storicamente di rossi. Attualmente dominano i vitigni internazionali con una prevalenza di bianchi. La viticultura ha le sue zone di elezione, grazie a grande varietà di terreni, dal porfido alla dolomia e condizioni pedoclimatiche variegate, ed infatti in Alto Adige nasceranno 86 UGA, come scopriamo con gli assaggi proposti da Andrè. Si parte con quattro referenze da Gewurtztraminer come in Alto Adige e in Alsazia chiamano il traminer aromatico, dove “gewurz” sta per speziato.

La Degustazione

Valle Isarco Doc Gewurtztraminer 2022 Tenuta Ebner. Solo 7 gli ettari vitati in Val d’Isarco dove nel 1932 il nonno di Florian conferiva l’uva alla cantina sociale per imbottigliare. Nel 2006 Florian Unterthiner prende in mano l’azienda. Siamo a Campodazzo, nella parte più meridionale della Valle Isarco, terra di porfido, con splendida vista sul massiccio dello Sciliar e sul paese di Fiè. Questo vino è frutto di un’annata molto calda, siccitosa, come rivelano un naso e colori intensi. Frutta matura e calore al palato. Di suo il gewurtztraminer tra i vitigni biacca bianca non eccelle per acidità, facendo prevalere una sensazione pseudo calorica. Sentori di melone bianco, papaya maturi e note di cedro in prima battuta. Dietro alle note tropicali, sentori lievemente speziati di chiodi di garofano e petali di rosa. Un palato largo ma forse povero di freschezza, piacevole per sapidità.

“Lafòa” Alto Adige Doc Gewurtztraminer 2022 Colterenzio. Da una delle più giovani cantine sociali altoatesine. Le vigne della cantina Colterenzio si sviluppano principalmente intorno alle aree di Colterenzio, Cornaiano e Appiano. Nasce nel 1960 da 26 vignaioli ed oggi vanta ben 300 soci, con 350 ettari vitati e 1,5 milioni di bottiglie prodotte. La svolta arriva con la nuova visione enologica dell’ex enologo Luis Raifer negli anni ’80. Il vino regala al calice un bouquet suadente ed intenso dove si alternano note di frutta esotica e spezie dolci, con richiami minerali e mandorlati. Al palato risulta caldo, vellutato e pieno, stemperato da un’invitante freschezza. Prevale la parte agrumata, rispetto al tropicale, da lemongrass e poi pesca bianca e albicocca. Sullo sfondo un’anima di cioccolato bianco e vaniglia, dove l’impatto del legno sul varietale si fa sentire. Elegante e complesso, caldo e morbido ma equilibrato da una bella freschezza. Una bella interpretazione, ed uno stile moderno declinato più sulla freschezza, ricercata in vigna grazie a vendemmia anticipata e sovesci per favorire la fertilità del suolo.

“Exil” Alto Adige Doc Gewurtztraminer 2022 Baron Di Pauli . Il terzo bianco viene da Caldaro, il più grande lago dell’Alto Adige, con microclima caldo e vigneti ad anfiteatro. Così lo specchio d’acqua riflette la luce d’inverno, rinfrescando i vigneti nel periodo estivo. Qui è fondamentale il ruolo della Cantina Sociale di Caldaro la più grande del territorio. L’enologo Tomas Scarenzuola ha optato per l’affinamento esclusivamente in acciaio. Ritroviamo al calice note intense e tipiche di petali di rosa, frutta tropicale, cannella e noce moscata che animano un corpo elegante, snello e fresco, bilanciato da una buona dotazione alcolica con leggeri effluvi speziati.

All’assaggio rivela un residuo zuccherino interessante che lo rende molto gastronomico, in stile alsaziano appunto. Lo zucchero maschera i 15 gradi di alcol e arrotonda il palato. Di buona persistenza e potenziale evolutivo. Lo stile che ricorda i Riesling nordici esce dai canoni del solito Gewurtztraminer, puntando sugli abbinamenti a tavola ed al mercato estero.

Brenntal Gewurtztraminer Riserva Alto Adige Doc 2021. Bellissima la cantina Kurtasch, modernissima e perfettamente inserita nell’ambiente circostante, caratterizzato da forti pendenze. Questa cantina sociale nella Bassa Tesina, è molto nota per il taglio bordolese da merlot e cabernet. Il proprietario è il presidente del Consorzio Vini Alto Adige Andreas Kofler, che si avvale di un giovane team, e contadini con i piedi per terra.  Qui si guarda molto al futuro dell’UGA ed alla provenienza specifica delle uve. Brenntal è un toponimo nelle vicinanze. E’ una riserva ed affina minimo due anni in legno, dalla vendemmia 2021, qui una grande annata per i vitigni a bacca bianca. Vino luminoso di un giallo vivace, consistente. Un naso intenso di frutta tropicale, litchi soprattutto e poi mango e papaya. Riconosciamo una spezia dolce, cannella e chiodi di garofano su toni profumati di petali di rosa e note sottili di agrumi. Al gusto mostra acidità moderata, dove l’aromaticità è ben gestita. Più sapido che fresco, con una  saporosità che invoglia alla beva, lasciando il palato pulito e avvolgente.

Gschleier Alte Reben Vernatsch Alto Adige Doc 2022. Dalla cantina Girlan questa Schiava del territorio di Cornaiano. Cantina fondata nel 1923 che oggi conta 223 soci, conosciuta per i suoi grandi pinot nero. Forse la miglior interpretazione di Schiava, ci anticipa Andrè. In effetti Lago di Caldaro e Cornaiano sono le zone più vocate, con terreno calcareo-argilloso, per questo vitigno che in passato dava soddisfazioni per le sue grandi rese. Da vigne con più di 40 anni di età, da qui il nome del vino da vecchie vigne. La buccia sottile dell’uva regala un rubino vivace. Scorrevole, con un bouquet ricco di piccoli frutti rossi, lamponi, mirtilli, appena raccolti. Fiori di violetta e iris completano un naso fine, elegante ed intrigante. La piacevolezza è confermata al palato dove troviamo note speziate da cardamomo fragrante. Complesso e succoso al sorso, secco e caldo come l’annata, morbido e fresco, con un tannino fine, educato, ed una piacevole spinta sapida nel finale. Ci immaginiamo la Schiava servita fresca d’estate come bella alternativa al Lagrein Kretzer.

Novis Lago di Caldaro Classico Sup. Alto Adige Doc 2022. Ritterhof Weingut è la tenuta di proprietà della famiglia Roner, un istituzione per le grappe, che acquista nel 2000 la cantina nata nel 1956 e gestita da Eva Roner come un piccolo gioiello di famiglia. Schiava 100% che regala un naso meno concentrato ed intenso del precedente. Di frutta più matura, quasi confettura di frutti rossi. Ed ancora spezie e fiori appassiti. Moderatamente complesso, piacevole e pulito. All’assaggio caldo e morbido, meno sapido e fresco del precedente, con un tannino più evidente. Rivela la sua provenienza da suoli diversi, sabbiosi e ciottolosi morenici , come frutto di un territorio più caldo.

Turmhof Lagrein Alto Adige Doc 2022. Da Tiefenbrunner, un grande produttore privato, che fa vini  dal 1600. Negli anni 2000 il salto di qualità sia per la Schiava che per il Pinot nero, allevati secondo il concetto moderno di vigna. Oggi si punta sulla singola parcella. Mantenuta la coltivazione di Lagrein che una volta si etichettava come “dunkel” (scuro). Mantiene infatti la sua tipica profonda tonalità cromatica. Un vitigno che sembra risalire al 1500, e discendente del Syrah. Regala note pepate, e tra i frutti domina la bacca nera. Turmhof è il nome della torre adiacente al Maso. Al naso mora e mirtillo, di una bella consistenza. Naso completato da un filo di spezie pepate, complesso e con sentori di grafite. Al palato caldo e morbido. Acidità discreta, tannico e moderatamente sapido. Equilibrato, un filo corto al palato.

Select Lagrein Gries Riserva Alto Adige Doc 2021. La tenuta Hans Rottensteiner possiede 12 ettari vitati ed altri in affitto. Alla quarta generazione. Hans è anche l’enologo che ha preso in mano l’azienda di famiglia, che in precedenza faceva vini di massa. In itinere un progetto di ristrutturazione della cantina in quel di Gries, quartiere a nord di Bolzano, che racchiude le vigne storiche, il vero cru di Lagrein. Zona calda ma con ottimo drenaggio. Il nome del vino Select lascia intendere la cernita effettuata dei migliori grappoli. Una riserva impenetrabile e consistente. Naso intenso di frutto sotto spirito, specie amarena. Note terziarie di cioccolato, cuoio, polvere di caffè. Profilo aromatico, interessante al naso. Al gusto secco, caldo, morbido, acidità moderata con un tannino rugoso. Robusto e mediamente equilibrato con note verdi evidenti.