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Racconti di cibo e vino, il format enogastronomico firmato Aquanova

Radici, tradizioni, ritorni ed evoluzione. Elementi che racchiudono l’anima pulsante del secondo appuntamento “Racconti di cibo e vino”, il format enogastronomico di Aquanova dall’identità culturale e territoriale

Piatti che accarezzano la bellezza multiforme del cibo e della sua essenza. Questo il principio su cui si fonda Aquanova, ristorante sito nel cuore di Canicattì (AG) la cui cucina vuole essere un viaggio fatto di radici ed evasioni, che trova nutrimento e forza dalla terra e dall’agricoltura, partendo dalla genuinità del singolo ingrediente fino ad arrivare alla creazione di nuovi sapori in costante evoluzione estetica e gustativa.

Concezione espressa chiaramente nel format enogastronomico “Racconti di cibo e vino”, ideato dagli chef Pietro La Torre e Mario Peqini in collaborazione con Emanuele Mangiapane,sommelier e direttore di sala del ristorante. Numerosi gli appuntamenti ciascuno con un tema diverso e un menu ben preciso. Momenti di approfondimento organizzati nell’ottica di avvicinare sempre più il cliente e le nuove generazioni alla cultura gastronomica del territorio, oltre ad essere un modo per “educare” il palato a esperienze culinarie nuove e autentiche. Da qui la scelta opulenta di mettere in risalto e coinvolgere piccole e grandi realtà vitivinicole, locali e non solo, all’interno di uno spazio conviviale che ruota attorno alla cultura del buon cibo e del buon vino.

Protagoniste del secondo episodio sono state le tradizioni enogastronomiche di Agrigento, fruttodi un affascinante processo di stratificazione culturale che ha visto succedersi influenze greche, romane, arabe, normanne e spagnole raccontate dal patron di casa lo chef Pietro La Torre, seguito dallo chef Mario Peqini e dagli ospiti Giuseppe Cipolla e Santo Li Calzi.

Una serata che ha visto in scena un percorso sensoriale di sei portate fatto di un ritorno al passato, narrate però con una contemporanea reverenza, quasi a voler mettere l’accento sul rispetto di ingredienti e ricette, senza dimenticare la mutevolezza temporale del cibo.

Gli chef Pietro La Torre e Mario Peqini insieme ad Emanuele Mangiapane, Giuseppe Cipolla e Santo Li Calzi – Ph. Credit Interbrand Agency

Ecco che la cucina di Aquanova per quest’occasione diventa una vera e propria archeologia culinaria, dove ogni ricetta racconta un’epoca, una dominazione, una civiltà che ha portato con sé spezie, vegetali, sistemi di allevamento, tecnica: un compendio di sapori che ha per culla il Mediterraneo e per orizzonte il Medio Oriente. Fondamentale come ci hanno raccontano i due chef il passaggio alla letteratura gastronomica, custode di quella che può essere definita una cucina naturale e schietta traslandola in una contemporaneità dove a risaltare è l’ingrediente nella sua integrità.

“La nostra tecnica – hanno chiosato Pietro La Torre e Mario Peqini – non è sovrastare il prodotto, ma esaltarlo con armonia e gentilezza”.

Il risultato? Gusti che si combinano in un perfetto amplesso con tecniche moderne e soprattutto con ingredienti locali e di stagione, riportando così sulla tavola non solo ricette dimenticate ma anche erbe aromatiche e verdure come rape, tuberi, cavoli. Prelibatezze provenienti dall’orto del ristorante, luogo in cui si legano due aspetti fondamentali: eredità della natura ed evoluzione in cucina, nonché fonti di ispirazione per la creazione di menu sempre nuovi e in perfetta armonia con il raccolto.

L’orto di Aquanova – Photo Credit: Interbrand Agency

Un orto urbano dalla stupefacente trama di colori dettata dalla varietà di fiori e piante presenti. Qui la natura assume piena centralità, diventando narrazione di una terra e rispetto delle sue regole. Un ritmo pronto a donare piatti che sanno di buono, il cui profumo sprigionato all’impatto porta ad un contatto puro con la Terra. Pochi sono gli ingredienti protagonisti ma di eccellenza, lavorati con dedizione anche da Pietro e Davide. Questo il valore che pone ricchezza alla cucina di Aquanova: pochi ingredienti sul piatto ma di assoluta qualità correlata a un’efficienza lavorativa composta da un piccolo team altamente qualificato.

Oltre all’impeccabile servizio in sala a dare valore aggiunto all’esperienza gastronomica è stato l’abbinamento con le etichette dell’azienda vitivinicola di Giuseppe Cipolla, in Contrada Passofonduto al confine tra la provincia di Agrigento e Caltanissetta. Il suo obiettivo è esprimere al calice ciò che il terreno è in grado di donare motivo per cui la vendemmia è parcellare, la vinificazione è artigianale e le fermentazioni sono spontanee attraverso l’opera di lieviti indigeni.

Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Catarratto, Moscato d’Alessandria, Inzolia e Grillo da queste varietà provengono vini eleganti, identitari da lui stesso definiti “culturali” in quanto capaci di guardare alla storia agricola del territorio attraverso la lavorazione essenziale in cantina e un lungo lavoro in vigna.

Dunque, un ciclo che continuamente si rigenera anche quando si parla di abbinamento cibo-vino, dalla quale scaturisce la consapevolezza che nulla di più di quanto l’ambiente offre è necessario per ottenere sapori ancestrali e moderni, trattenuti per sempre nella memoria di chi li assaggia.

Le preparazioni proposte hanno evidenziato il profondo legame con le etichette di Giuseppe Cipolla, seguendo un’unica matrice di riferimento: riconoscibilità.

La scelta dei nomi per ogni piatto non è per nulla casuale infatti, ogni espressione racchiude un ben preciso significato su ciò che la pietanza vuole raccontare.

A deliziare i palati dei presenti uno snack di benvenuto chiamato “Prologo” il quale anticipa, come un’opera letteraria, il corpo principale della storia che si andrà a raccontare. Questo è uno dei tratti distintivi di Aquanova, chiunque si appresta all’assaggio dei loro piatti, verrà coccolato con pietanze che anticipano la filosofia del percorso che si sta per intraprendere.

Prologo, Snack di benvenuto – Photo Credit: Interbrand Agency

A preparare il palato una tartelletta con primizie dell’orto e maionese vegana accompagnata da un cannoncino salato ripieno con crema di caponata e formaggio di capra Girgentana; un intrigante gioco di contrasti, omaggio alla natura e alla tradizione gastronomica siciliana. Non manca la freschezza e l’intensa aromaticità seguite da un tripudio festoso di colori proveniente dai bocconi di rapa e pera in osmosi con zafferano.

Focaccia pugliese – Photo Credit: Interbrand Agency

Cosa dire della fragrante focaccia pugliese, irresistibile! Un ritorno alle origini per Pietro La Torre, creazione che racchiude tutto il sapore e profumo della sua infanzia in Puglia, terra natale. Come vuole la tradizione è realizzata con un impasto di farina, sale, lievito, acqua e patate. Cosparsa in superficie di pomodori ciliegino, stracciatella di bufala e olio al basilico.

Aromaticità, tendenza dolce tutte sensazioni gustative ben sorrette in abbinamento con l’etichetta di Giuseppe Cipolla “Occhio di Sale” 2024. Un vino che si contraddistingue per la bellezza del suo colore corallo e per la spiccata persistenza; quest’ultima in grado di sostenere perfettamente i sapori decisi dei piatti in assaggio.

Concordia-lità, Pane e pomodoro – Photo Credit: Interbrand Agency

Quando la bellezza visiva e gustativa supera ogni immaginazione. È il caso di questo piatto, pane e pomodoro, la cui semplicità raffigurativa e gustativa si combina con il doppio significato (espresso anche dal nome) che vuole trasmettere: concordia ovvero quella conformità di sentimenti o di opinioni fra più persone, la stessa che si manifesta da secoli quando sulla tavola si presenta il pane, uno dei pochi prodotti gastronomici che mette d’accordo i gusti di tutti,e che in abbinamento al pomodoro, determina quella gestualità comune quanto storica di“fare la scarpetta”.

Significato ancora più profondo, espressa dalla linea stilistica dell’“astratto” di pomodoro: il Tempio della Concordia, tempio greco sito nella Valle dei Templi. Chiaro omaggio alla città di Agrigento insignita dal titolo di “Capitale Italiana della Cultura 2025”.

E quella gustativa? Ottenuto con due diverse tecniche di preparazione, dalla varietà Piccadilly, dolce e succulento, come un quadro astratto presenta e racchiude significati diversi espressi dal colore, dalla linea e dalla texture per comunicare un concetto, o ancora di più un’emozione: il pomodoro, da ingrediente “povero” anche se un tempo trattato con estremo sospetto in quanto non poteva sostituire nessun altro ingrediente nelle ricette tradizionali fino ad essere visto oggi come componente nobile di un piatto, fondamentale nella dieta mediterranea. Analogia utilizzata nell’aspetto culturale della Valle dei Templi, sempre più apprezzata da un pubblico ristretto desideroso di conoscere la sua valenza storica.

La spiccata tendenza dolce e la grassezza del burro con cui è stato realizzato il morbidissimo pane uniti alla tendenza acida e all’aromaticità del pomodoro, richiamano in perfetto equilibrio il vino abbinato: ancora “Occhio di Sale” 2024,un rosato ottenuto dall’assemblaggio di diverse uve, Nero d’Avola in prevalenza. Un vino dal profilo olfattivo accattivante per le eleganti nuance di fragoline di bosco, lavanda, sottobosco e pot-pourri di fiori rossi. Il sorso è corposo, si diffonde con classe, animato da freschezza e tannini ancora incisivi.

Espressione – Photo Credit: Interbrand Agency

“Espressione” intesa come ripristino e rivisitazione di un piatto tradizionale siciliano nella sua forma e consistenza: il muffulettu con il tonno. Una pagnotta tonda preparata con un mix di farine (integrali e non), sostituito con del pane tostato, e ancora spezie quali pepe,cannella,cumino,anice con erbe aromatiche quali erba cipollina.

Dal 1600 circa a Licata il muffulettu è preparato nella notte tra il giovedì e venerdì Santo in abbinamento con il tonno, non potendo mangiare carne in quei giorni. Da qui nasce l’idea di impreziosire il pane tostato con peperoni grigliati conditi con olio al lemongrass, salsa teriyaki, erba cipollina e caviale di beluga. Torna con elegante riverenza il voler sottolineare il passaggio di concezione culturale che si ha di un prodotto nobile, come il tonno, al valore oggi che assume come prodotto pregiato. Un inno al mare e alla sua forza, abbinati con elementi di terra, sfidano il morso con un crunch avvolgente e delicata succulenza, smorzata dalla cottura del tonno rosso oltre che dalla sapidità quasi dolce del caviale.

Sensazioni gustative anche questa volta che ben si sposano con il vino in degustazione “Occhio di Sale” 2024.Importante il ruolo della trama tannica e della persistenza nel sostenere tutti gli ingredienti del piatto, caratterizzati da un’importante struttura gustativa.

Sintesi – Photo Credit: Interbrand Agency

Cultura e natura, la fusione perfetta. Fin dai tempi più antichi fiori, ortaggi, erbe aromatiche sono stati protagonisti indiscussi di pietanze che hanno fatto la storia della gastronomia. Un esempio da cui è stato preso ispirazione è il “pitaggiu” dal francese “potage” zuppa di soli vegetali, uno dei piatti preferiti del re sole Luigi XIV. Una prelibatezza della tradizione agrigentina fatta di carciofi, fave e piselli, cotti con le cipolle. Oggi preparato a base vegetale per una buonissima frittata.

Da Aquanova la ricchezza di questo piatto prende la forma di un uovo in camicia servito su di una crema di piselli avvolto in un colorato e armonico abbraccio di erbe, fiori e primizie dell’orto. Protagonista diventa l’arte del reinventare, di plasmare e di unire come in un dipinto quello che la terra dona grazie a mani sapienti e creative; mani che associano profumi e sapori fatti di pura poesia per il palato. Niente artefici, solo tecnica e cura nella sua preparazione.

Aromaticità, tendenza dolce e freschezza al palato sostenuti al sorso dal bianco “Solfare” 2024, il cui nome rimanda al sottosuolo, ricco di argille e zolfo per l’appunto alle origini. Un blend di uve Grillo, Catarratto, Inzolia e Zibibbo dall’assaggio morbido, intriso di freschezza in via di equilibrio con la vena sapida.

Territorio – Photo Credit: Interbrand Agency

Si arriva alla portata principale: il Tagano di Aragona, piatto nato ad Aragona in provincia di Agrigento, il cui nome viene da tegame perché cotto in una pentola di terracotta (in siciliano “taganu”), uno dei piatti preferiti di Pirandello. Inserito nel registro dei PAT (prodotti agroalimentari tradizionali), appartiene alla categoria dei timballi anticamente preparato con il pane raffermo.

In questa occasione è stato rivisitato rendendolo ancora più succulento e memorabile: rigatoni con ragù di carne di vitello e besciamella. Le uova trovano diversa consistenza attraverso la realizzazione di un uovo sifonato. Un piatto che merita la scarpetta finale per il godurioso ragù che rende appetitosa l’intera ricetta.

L’abbinamento non poteva che essere con “Le Robbe” 2023. Vino rosso da uve di Nero d’Avola e una piccola percentuale di Inzolia. Il processo di affinamento in botti di rovere per 6 mesi arricchisce il vino di complessità e piacevole freschezza, in grado di bilanciare la riverenza dei tannini. Questi ultimi necessari per supportare la vivace succulenza del ragù, offrendo un assaggio equilibrato e armonioso.

Scottadito di Agnello, punta di petto e interiora arricchito con salsa all’arancia ed emulsione di basilico. La ricetta di un grande classico della cucina povera, tipico del di Racalmuto, si tratta di un piatto caratterizzata dal sapore deciso dell’agnello, abbinato in questo caso alla tendenza dolce delle cipolle bianche. Un piatto la cui identità si afferma nel sapore spiccato degli ingredienti che lo costituiscono, dalla carne pregiata dell’agnello a quella delle interiora.

Un piatto apprezzato perfettamente con il rosso “Passofonduto” 2022 da Nero d’Avola 80% e Nerello Mascalese 20% proveniente da una vigna su gesso allevata ad alberello in contrada Passofonduto. Cenni di prugna e amarena sotto spirito in connubio con noce moscata e sottobosco all’olfatto, le stesse note percepite al palato imperniate di freschezza, scia sapida e tannini in via di integrazione capaci di preparare il palato ad un nuovo assaggio.  

Quando si parla di tradizione l’associazione con il mondo della pasticceria è inevitabile. Lavoro magistrale di studio e ricerca, attraverso fonti scritte ed orali, in merito alle origini che riguardano i dolci simbolo della pasticceria siciliana è recentemente condotto da Santo Li Calzi, a cui Pietro La Torre e Mario Peqini hanno deciso di affidarsi per deliziare i palati dei propri ospiti.

Si sa, la pasticceria siciliana è strettamente intrisa alla vicenda storica dei monasteri femminili. Luoghi dove Li Calzi è alla ricerca di quelle informazioni utili per risalire e riproporre, nella loro autentica e genuina ricetta, queste prelibatezze all’interno di un processo da lui definito “retro-innovazione”: uno sguardo al passato utilizzando nell’ottica della valorizzazione e della riscoperta ingredienti d’eccellenza del come olio d’oliva, miele, grani antichi che oggi come un tempo si hanno a disposizione (sebbene utilizzati per usi diversi).

Al Qas At così si chiamava la cassata, almeno in origine quando era un dolce semplicissimo. Ricotta di pecora e miele, nient’altro versata in una bacinella solo in seguito inserita in un guscio di pasta frolla dai cuochi alla corte dell’emiro in piazza Kalsa.

Legami – Photo Credit: Interbrand Agency

Li Calzi l’ha proposta nella sua versione più semplice, priva di zuccheri, “naturale” come ama definirla, in stretto legame (da qui il titolo nel menu) con il territorio (Handaq-attin, il nome in arabo della città di Canicattì) con i vini e i piatti proposti da Aquanova. Una piccola cassata realizzata con del pane (farina Timilia, Madonita e Russello), farcita all’interno con ricotta di capra Girgentana (presidio Slow Food) addolcita con purea di fichi secchi e miele. Decorata con pasta reale inversa: conserva di zucchine (zuccata), miele, pistacchio di Raffadali DOP, spuma di mandorla e fiori presenti dell’orto.

In conclusione altra specialità il cannolo, la cui forma è riconducibile a quella delle colonne doriche compreso al piatto pane e pomodoro (Concordia-lità) realizzato da Peqini. La ricetta? La stessa di quella scritta sui ricettari di un tempo: farina di Maiorca, olio d’oliva di Aquanova e melassa essiccata per la cialda. Il ripieno ricco in ricotta di pecora della zona addolcita con del miele di zagara. Attorno una meringa, non dolce, fatta con legumi che richiama il legame con la sua prima descrizione risalente alla prima metà del XX secolo all’interno del libro Siciliani a tavola dal duca Alberto Denti di Pirajno: “Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus”.

Ad accompagnare queste creazioni un cocktail firmato Aquanova “Spiced Sicilian Whiskey” realizzato da Danilo Mangiavillano con Whisky bourbon, miele lavorato con cannella, chiodi di garofano e anice stellato, ricoperto da una calda spuma al caffè. Interessante l’abbinamento con i dolci proposti, andando a compensare le parti speziate mancanti, ma perfetto anche da essere degustato da solo vista la sua complessità aromatica e vivacità di sapore, in perfetto equilibrio.

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