Metti una dimora nobiliare sapientemente restaurata ed oggi hub di ospitalità nel cuore della movida catanese, col suo accogliente bistrot country chic a far da cornice a piacevoli incontri con cantine che fanno la storia del vino, e la serata perfetta è servita!
Un format di successo quello di Murgo & Friends, che va in scena a Palazzo Scammacca del Murgo, riportato a nuova vita dalla famiglia Scammacca, soprattutto per volontà di Pietro Scammacca, che si occupa anche dell’hospitality. L’offerta è implementata da iniziative di pregio come questa, ed ancora il Teatro Jazz Club, mostre d’eccellenza (quali “Sicily in Decay” di Carlo Arancio) ospitate nei riconvertiti Saloni Nobiliari divenuti spazi espositivi, e completata da una decina di belle camere atte all’accoglienza.
Michele Scammacca del Murgo ci accoglie con il consueto aplomb d’altri tempi condividendo un calice del suo prestigioso spumante brut che ha fatto la storia moderna del metodo classico sull’Etna, insieme a Claudio Di Maria garbato narratore di queste serate-evento che stanno riscuotendo il sold out. Claudio ben più di un brand ambassador per Murgo, grazie alle esperienze sul campo che lo hanno portato a mietere titoli quale “miglior sommelier di Sicilia 2023” e “miglior sommelier dell’Etna 2024” ha messo in programma per “Murgo & Friends” l’incontro con Michele Faro e la sua Pietradolce. Uno dei must have del calendario per appassionati e tecnici, ma anche per chi si avvicina al mondo del vino, incontro capace di regalare una storia autentica di famiglia ed una cartolina del mosaico Etna, divenuta negli ultimi anni tra le più seducenti wine destination d’Italia.
Ospite d’onore la cantina Pietradolce, con la sua Vigna Barbagalli selezionata tra le 10 più belle vigne storiche italiane per la guida Vini e Vignaioli 2025 del Corriere della Sera. Siamo sull’Etna Nord dove negli ultimi 20anni si sviluppa la storia di Pietradolce, a buon diritto uno tra i veterani della viticultura moderna del territorio etneo, dopo la prima ondata di successo dei Murgo appunto, dei Nicolosi, e poi De Grazia, Franchetti e Benanti, tra gli altri. Scelta coraggiosa e premiante quella della famiglia Faro, di interpretare l’Etna, territorio complicato ed a volte ostico, con una produzione artigianale, traducendo il territorio delle piccole vigne antiche, molte prefillossera, in etichette di pregio fortemente identitarie.
Le qualità imprenditoriali della famiglia Faro, che realizza il suo prodotto “tailor made” nelle vigne recuperate, si identifica anche il quel gioiello architettonico contemporaneo che è la Cantina, divenuta il salotto di Pietradolce, integrata magicamente nel palcoscenico naturale di pietra lavica, tra centenari muretti a secco ed alberelli contorti. Michele Scammacca nel fare gli onori di casa, ricorda che l’Etna oggi è un brand internazionalmente conosciuto, ma va ricordata l’opera di visionari capace di preservare ed incentivare un terroir unico.
Proprio Murgo nel 1982 fece il primo imbottigliamento, quando l’Etna era un vino difficile da collocare sul mercato internazionale, che in quella fase ricercava vini differenti. Poi l’esplosione dei fenomeno SuperTuscan il cui concetto qualitativo bordolese è più legato alla concentrazione, ed oggi il nettare dell’Etna con la sua identità più burgunder, caratterizzato da finezza, sapidità complessità. In vent’anni, da un paio di decine sono ben 210 oggi le aziende sul vulcano, e famiglie come Faro e Murgo investono nella qualità valorizzando i versanti, le contrade e più di recente i cru da singole parcelle.
La scelta di Claudio Di Maria è quella di degustare per primo “Archineri Etna Bianco Doc 2022”, unica eccezione alle espressioni dell’Etna Nord di Pietradolce. Nasce infatti in contrada Caselle a Milo, ad 850 mt. slm dove Faro gestisce un vigneto antichissimo, certificato di viti a piede franco di oltre 150 anni. Territorio dove il carricante si giova di condizioni climatiche e pedologiche ben diverse dall’Etna nord. L’umidità, il terreno con profondità importanti e la ventilazione da est, rendono ansiosa l’attesa maturazione delle uve ma, nelle annate di clima costante, regalano quella finezza ed eleganza difficilmente ripetibili, garantendo longevità a questo vino. Apprezziamo il food pairing scelto da Claudio Di Maria con le creazioni culinarie d’entrata, fritti in pastella, scacciata con verdure, tagliere di salumi e formaggi e confetture Murgo. Fa il paio la freschezza e leggera nota affumicata, sullo sfondo di un bouquet delicato di frutta gialla ed una lunga sapidità, di questo Archineri 2022, che dopo la pressatura soffice fa solo acciaio, preservando al meglio la purezza espressiva del frutto e l’eleganza del carricante di Caselle, sottile ma preciso, e già equilibrato, da vero purosangue.
“Credere fortemente nella tradizione, ci ha fatto partire nel 2006 con microvinificazioni, e nel 2007 è nata la prima annata limitata a 3000 bottiglie -racconta Michele Faro– Un supporto determinante è stato quello di Carlo Ferrini, enologo di fama internazionale, ed oggi diventato un amico di famiglia, che ci dispensa indicazioni e dritte”. A seguire da vicino la produzione Giuseppe Parlavecchio e lo stesso Michele, con Angelo Silvestro a far da Cicerone nelle visite in cantina. Ferrini poi, grazie ai Faro, si è appassionato all’Etna ed oggi con la sua Alberelli di Giodo vinifica proprio da Pietradolce.
L’assaggio scevro da tecnicismi ed al contrario coinvolgente prosegue con l’Etna Nord, ed i “gioielli” in rosso da piccoli appezzamenti, molti dei quali antichi, distribuiti tra le contrade Santo Spirito, Feudo di Mezzo e Rampante, con la “gemma” di Barbagalli.Il racconto di Claudio e Michele, delle versioni in rosso degli abiti da nerello mascalese cuciti su misura da Pietradolce, comincia con una ideale passeggiata che si dipana dalle vigne antiche delimitate dai muretti in pietra lavica, siti proprio dietro la cantina.
Da qui nasce “Archineri Etna Rosso Doc 2020”. Viti a piede franco di circa 100 anni, vendemmiate a fine ottobre. Vinifica nei “tulipani” tini di cemento da 40 ha., per affinare 14 mesi in botti da 700 lt. di diversi passaggi. Questa tipologia di vinificazione dal 2016 è una costante per i rossi di Pietradolce, dove il forte carattere distintivo, che ritroveremo nelle etichette di differente espressione, lo fa proprio il vigneto. L’impeccabile servizio di Palazzo Scammacca propone il primo scelto da Claudio per accompagnare i prossimi vini, così i ravioli alla zucca con fonduta di piacentino ennese, li degustiamo anche in match con
“Santo Spirito Etna Rosso Doc 2020”, 4000 bottiglie per questo vino frutto di viti di quasi 100 anni che dai loro 900 mt guardano il paesino di Passopisciaro. Un altipiano ben ventilato, che contribuisce ad una elegantissima freschezza dal carattere Borgogna, distinguendosi nella produzione Pietradolce. La passione da tanti declamata, si è qui concretizzata anche nel certosino recupero di un vigneto invisibile, perchè ricoperto da rovi e nel 2016 ripulito con cura scoprendo viti centenarie, che potate hanno rivegetato splendidamente, regalando la prima annata di Santo Spirito. E proprio la 2016 è ritenuta forse la migliore annata per la viticultura dell’Etna degli ultimi anni, insieme alla 2014. Un vino sottile e complesso, elegante e cangiante al sorso giocando sempre sui tratti di un eleganza inusuale. Si sposa bene con la tendenza dolce della zucca e la grassezza del formaggio dei nostri ravioli.
“Feudo di Mezzo Etna Rosso Doc 2020”, La sua prima annata fu la 2019 ed è l’ultimo arrivato in casa Pietradolce . Solo 2500 btg, per questa etichetta nata dalla voglia dei Faro di continuare la riscoperta ed identificazione territoriale del versante nord, che si riflette poi nell’etichetta prodotta. L’Etna Nord è caratterizzata infatti da microterritori all’interno delle grandi contrade, con specificità pedoclimatiche e ci vorranno probabilmente tanti anni per arrivare ad una maturità di conoscenza, da trasmettere agli appassionati ed al mercato. La sfida e l’entusiasmo di produttori come questi nasce dal considerarsi mai arrivati, ma quasi agli albori.
Imbottigliato dopo averlo studiato con microvinificazioni, questo ettaro antico a 650 mt slm. Poche bottiglie -2500- con la medesima filosofia di produzione. A cambiare però è il carattere ed il tipo di vigneto, piccole terrazze, circondate da altre vigne ed una grossa colata a monte. Il panorama non regala lo spettacolare anfiteatro di Rampante, Archineri e Barbagalli, ma al calice dona una bella spinta caratteriale, forse con un pizzico di minore acidità. Qui il terreno è un pò più profondo con meno sciara pietrosa, con la colata lavica che miracolosamente lasciò libera questa conca.
Rampante Etna Rosso Doc 2020 considerato un vino più tagliente, ha complessità e piacevole beva, arricchita da sentori di ciliegia e ribes, note di alloro e violetta. Sbuffi minerali e note di cioccolato. Un assaggio un po’ più tagliente degli altri, ma denso e avvolgente. Improving in costante evoluzione quello di Pietradolce, con la costante di saper rispecchiare nelle etichette il rispetto per quello che la vigna regala durante l’anno, con l’evoluzione che il nerello dell’Etna sa regalare negli anni.
L’ideale passeggiata si conclude in bellezza con “Barbagalli Etna Rosso Doc 2019”, vigneto da scoprire al culmine della passeggiata retrostante la cantina ed intatto da 100 anni.Viti gestite artigianalmente a 900mt, dove uscendo dal viottolo antico si entra in questo angolo nascosto.Tra ulivi centenari e muretti in pietra lavica che sembrano lì apposta a protezione dell’anfiteatro naturale, che ringrazia col suo microclima particolare. Un proscenio di viti a piede franco centenarie ed un terreno con più scheletro e meno profondo di Rampante, e protetto da una naturale barriera microbiologica.
“Barbagalli lo definiamo il nostro Grand Cru, 1800 btg soltanto su allocazione, e riservate da un anno all’altro dalla nostra clientela”-racconta Michele Faro-“alberelli a due rami che producono in media mezzo chilo, ed acini piccolissimi”. Tutto ciò da vita ad una enorme concentrazione qualitativa in una piccolissima quantità di frutto, ad esprimere all’ennesima potenza quel concetto di eleganza e contemporaneità apprezzatissimo dal mercato. Un calice ricchissimo che scorre soave, tra ricordi di rabarbaro e amarena sotto spirito, su uno sfondo speziato, sorretto da un tannino finissimo e un nerbo di intensa freschezza, indimenticabile!