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L’immaginario di Lauretta da Collica & Partners

Ogni opera della personale di Francesco Lauretta “Viral impurity - Fake inner” è stazione di un lungo viaggio, un luogo da esplorare

L’ iconica Casa-Palmento sede di Collica & Partners ha ospitato con successo la personale di Francesco Lauretta dal titolo “Viral impurity – Fake inner”. Il progetto consta di dipinti e sculture-silhouette inedite il cui insieme evoca il mondo critico e multiforme a cui attinge l’esuberante creatività dell’artista siciliano.

Ogni opera è una stazione di un lungo viaggio. Un luogo da esplorare, ricco di memoria e al contempo presente all’oggi. Distante e diverso dai successivi – ci racconta Gianluca Collica – tutti comunque fortemente correlati da una narrazione che esprime la necessità di uscire dagli schemi di un mondo omologato che banalizza sempre più lo sforzo creativo tanto nell’espressione quanto nei concetti espressi”.

Il titolo per altro allude a quella salvifica impurità divenuta virale che consente all’artista di rappresentare la contemporaneità nelle sue molteplici sfaccettature. Compagni di strada nel suo personale viaggio sono illustri maestri con cui instaura, di volta in volta, un intimo e quotidiano dialogo, alla ricerca di quell’autorialità che guarda il presente come un poliedro dalle mille superfici, che non può fare a meno di un racconto che condensa in un istante infinite trame.

(Idiota) titolo d’apertura, di un dipinto solenne e tragico, di grande intensità, un inno al suo voler essere assolutamente  e  caparbiamente  artista.  Ritrae  il  padre  adagiato  nel tabbuto, immobile, e trae spunto dalle parole messe in bocca da Fëdor Dostoevskij al tisico Ippolit che commentando il sublime Cristo dipinto da Holbein dice: … se il Maestro, alla vigilia del supplizio, avesse potuto vedere la propria immagine, sarebbe salito lo stesso sulla croce? Sarebbe morto nel modo in cui morì?

Nel dipinto in mostra invece la morte concede uno sguardo sereno, dolce, a colui che in vita non ha mai compreso, né voluto sapere … Sembra suggerire: se si fosse potuto osservare così sereno… forse!! Il pennello accarezza il corpo del padre come se fosse un amoroso sguardo, unico gesto in grado di lenire il dolore che in vita ha devastato la sua coscienza.

Nella grande sala della Galleria il clima cambia. Ad una grande silhouette che ritrae l’artista impiccato (Viral Fucking), fa da contraltare la scanzonata ilarità delle sue (Ragazze al Pop) le cui sagome dipinte sedute ai tavoli o rappresentate in tela, partecipano il quotidiano tragico che mai smette di sorriderci allorché celebriamo i nostri riti, essi stessi il tempo, ticchettio della vita. E loro risorgono ad eterna giovinezza in quella fonte miracolosa sapientemente dipinta da Cranach che tanto ha influenzato il pensiero dell’artista siciliano.

Poi in successione grandi tele accompagnano al piano alto dello spazio, ciascuna dedicata ai temi più frequentati: bagnanti e riti, tutte create a più mani.

E come se al bancone de Le Nuvole o al Pop Caffè, ritrovi usuali per Lauretta, si avvicinassero ad uno ad uno: Courbet, Matisse, Pirandello coautori dei dipinti che ritraggono il tempo ripetuto di una processione (L’ordine della festa), il grande volto di una bagnante (La Grande Bagnante), la barista intenta a servire colori e segni (Le Nuvole), e i suoi compagni della ormai famosa Scuola di Santa Rosa (La Spezia). Una carrellata di emozioni forti che solo la grande varietà della sua pittura è in grado di restituire.

Ed è lì che il fruitore prende coscienza della presenza scomoda del corpo della pittura impiccato alla trave maestra. Questo sembra rianimarsi e regalare nuovi sapori e nuove fragranze, per essere altro di quanto è stato o, quanto meno, attuale a una narrazione in cui nulla è più vero del falso, nulla è più virale di una scrittura che osserva il mondo sia dal dritto che dal rovescio. In Lauretta è la magia del linguaggio a rendere tutto possibile assegnando a ciò che è incerto una condizione imprescindibile e vera, sempiterna (K).

Ultima stazione (Ragazza alla GAMEC). L’immagine di una tigre nella sala giochi della GAMEC di Bergamo attraversa lo spazio digitale della foto per disporsi sulla parete della galleria. Seguendola mentre la guardiana riposa, il quadro si sposta e diviene opera altrove. Un lavoro che apre a nuovi sviluppi della ricerca, e ribadisce la vitalità della pittura che anziché soccombere alle tecnologie digitali, estende la possibilità di una dimensione virtuale e ibrida del reale.

Ecco, io immagino e vedo tutto questo non in dettaglio – anche se ne conosco le intimità, tantomeno la singolarità vedo, ma il Cosmo. Ho sempre pensato di vedere la pittura, qualora mi fossi fiondato in essa, come all’autore dell’Ulisse, come un grande occhio-mente capace di ripercorrere ogni vita interiore ed esteriore, come le vie inseguite su Google Maps, e di sentire le sorti, e le destinazioni delle opere, come appartenessero a una Opera sola. Così ho imparato, col tempo, a immaginare – per citare proprio l’autore Francesco Lauretta.

Una mostra dalle innumerevoli trame che nel silenzio prendono posto nello spazio a- gravitazionale della Tana, quel luogo intimo e segreto entro il quale l’immaginario dell’artista si misura con le ansie della vita. Sopra, sotto, accanto, dietro, in cima, in fondo, singoli e in tutt’uno, una costellazione di immagini, una narrazione d’insieme e il suo stile prende corpo, diviene inconfondibile proprio perché gli occhi, il cuore, la mente son gli stessi con cui lui osserva il mondo, e così libero, ad ogni opera risorge a nuova giovinezza, apre nuove zone di senso, di genio ed infetta… diviene virus.