La Loira o bisognerebbe dire le Loire : Nantais, Anjou et Saumurois, Touraine e Centre, un patrimonio vitivinicolo quasi stridente, al confronto con il piccolo mondo Etneo. Eppure la ghiotta occasione ci e’ fornita da una masterclass di Federico Latteri che ha accarezzato i vertici espressivi del vulcano, coinvolgendoci in un appassionato tête a tête, con blasonati modelli di Saumur, Sancerre e Pouilly Fumè. Il viaggio onirico comincia dal “Saumur Blanc 2021 di Chateau de Villeneuve”, qui il suolo calcareo conferisce particolare finezza allo Chenin Blanc di questa domaine del ‘500 ubicata su un plateau che guarda la Loira, vino che si fa apprezzare, specie per la verticale freschezza.
Il Sauvignon blanc diventa protagonista col “Sancerre cuvèe Galinot Silex 2018″, di Gitton, proprieta’ nata nell’ultimo dopoguerra, ma che detiene il primato di aver imbottigliato per prima da singole parcelle. Ubicata sulla sponda occidentale della Loira, si caratterizza per la presenza di roccia sedimentaria silicea (silex). Anche questo vino fa legno, che pero’ conferisce armonia senza influenzarne l’apprezzamento, e gia’ al naso rilascia sentori minerali di pietra focaia, piuttosto che quelli varietali tipici del vitigno. La mineralita’, freschezza e l’assenza di dominanti sovrastrutture (a volte tipiche del passaggio in legno), trovano gia’ in questi due assaggi, numerose analogie con i migliori prodotti dell’Etna.
Produzione vitivinicola antichissima (risalente al ‘300) quella che i Conti dello Chateau de Tracy hanno ripreso nel XVI secolo, domaine che da’ vita al “Pouilly Fumè 101 Rangs 2017″. Ricco, vegetale, quasi muschiato, tipico dell’espressione del sauvignon nel Pouilly Fumè, ma equilibrato dalla freschezza che dona profondita’ al sorso. Un rapido volo ci porta sul vulcano, per primi sulla proprieta’ settecentesca che produce l’ “Etna Bianco Superiore Contrada Villagrande 2018” di Barone di Villagrande. Annata fresca e piovosa sull’Etna la 2018. Il c.da Villagrande fermenta in botti da 500 lt. e poi affina brevemente in legno ed un anno in bottiglia. La verticale freschezza del prodotto etneo e’ bilanciata da un’eleganza strutturale, conferitagli dal terroir del versante est del vulcano. Fa capolino una traccia di idrocarburi, ed un equilibrio acido/sapido che ne allunga il sorso. “Etna Bianco Superiore Pietra Marina 2017″ di Benanti, come suggerisce Latteri pietra miliare, che ha in primis mostrato al mondo le potenzialita’ del bianco vinificato a Milo. Annata calda la 2017 sull’Etna, che probabilmente ha donato al vino maggiore profondita’, sia olfattiva che gustativa. Non quell’acidita’ tagliente quindi, che ci si aspetterebbe dal particolare terroir vulcanico, mostrandosi piu’ evoluto, anche rispetto ad altre annate.
Due espressioni di Etna Bianco che rappresentano il territorio di Milo, tra anfiteatri naturali creati dal vulcano, ritorti alberelli (molti prefillossera), e muretti lavici a secco sapientemente salvati o recuperati dall’uomo. Un territorio snocciolato dai 700 ai 900 metri s.l.m., ma prospiciente al mare. Il 1990 la prima annata del Pietra Marina, che mantiene una vinificazione senza legno, ma 24 mesi sur lie, con batonnage 7/8 volte al mese, che conferisce maggior struttura al carricante, che puo’ evolvere in bottiglia, dove affina per 4 anni. Freschezza, consistenza e sentori marini, sono le icone dell’Etna Bianco Superiore che, anche per il potenziale di longevita’, e per l’affidabilita’ nell’abbinamento cibo-vino, si puo’ ben dire, non sfigura al confronto con i nobili di Francia.