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Da Ossidato ad Ossidativo, da difetto a pregio

La Degustazione proposta da l’Archestrato è stata l’occasione per approfondire la conoscenza del mondo dei vini ossidativi, in un viaggio ideale tra Sicilia e Sardegna.
Da Ossidato ad Ossidativo

La Degustazione proposta da l’Archestrato è stata l’occasione per approfondire la conoscenza del mondo dei vini ossidativi, in un viaggio ideale tra Sicilia e Sardegna .

Da Ossidato ad Ossidativo, quando un difetto diventa un pregio” questo il titolo dell’evento che Vittorio Cardaci e Mariella Ferrara, con il prezioso contributo di Sergio Pintaudi, hanno  realizzato nell’ambito della Rassegna Vini Milo.

Tra addetti ai lavori ed esperti, molti i neofiti che hanno apprezzato il racconto  di questi vini che rappresentano una nicchia nel panorama enologico e la cui produzione richiede una grande conoscenza di tutti i processi chimici coinvolti, considerato il confine sottile tra la realizzazione di un vino straordinario ed uno pessimo.

E’ arduo infatti individuare il momento in cui vino ed ossigeno possano andare d’accordo, impreziosendo il prodotto finale

L’ossidazione è normalmente un difetto, che modifica la materia viva del vino, mutandone il colore, che generalmente perderà brillantezza virando verso il bruno o l’aranciato (che però è anche tipico dei vini invecchiati), ma anche il bouquet, che vedrà svanire profumi tipici del varietale, ed infine l’assaggio, che potrà risultare non sempre gradevole.

Avvincente invece la storia e la cultura alla base dei vini ossidativi, oggetto anche, occorre dirlo, di un fenomeno modaiolo di riscoperta. Caratteristica comune a quasi tutti gli ossidativi, è stata nei secoli l’originaria destinazione al trasporto via mare, così che l’esigenza commerciale e la storia dei mercati vinicoli si intreccia con leggende affascinanti, più di quanto accade per gli altri vini. Emblematico il caso del Madeira delle origini, caricato a bordo delle navi portoghesi come zavorra,  che risultò migliorato al rientro in patria, dopo aver solcato gli oceani e subito le forti variazioni di calore del clima equatoriale, condizioni oggi riprodotte nelle bodegas isolane, divenendo quel nettare apprezzato a livello internazionale.

Qui un ruolo primario, come per Porto e Sherry, è svolto dall’alcool, aquavite o mistella, addizionati per fortificare il mosto in fermentazione o il vino stesso conferendogli stabilità, prospettive di maturazione e conservazione altrimenti inarrivabili. Leggende come quella di John Woodhouse che nel 1773, pare costretto da una tempesta ad approdare a Marsala, apprezzò il perpetuum servito nelle osterie del porto, segnano la genesi di questi vini.  Un vino liquoroso forte e maturo, all’epoca il miglior prodotto dei contadini dell’area, di cui Woodhouse divenne ricco importatore in Inghilterra. Quel vino, affinato in grandi botti prodotto a partire da una frazione di vino vecchia piuttosto alcolica, a cui si aggiungeva, man mano che se ne consumava il contenuto, il vino nuovo dell’anno, fino a colmare di nuovo il contenitore, e così nel tempo. Questo rappresenta con tutta probabilità il Marsala delle origini, nella sua interpretazione pre-british. Ben noti i picchi di eccellenza e diffusione di alcuni Marsala classici, così come la decadenza di successo commerciale, inficiato da maldestre produzioni industriali dello stesso marchio. Oggi, illuminati produttori hanno dato vita ad etichette d’eccellenza, diffondendo una riscoperta del Marsala, vino unico per freschezza e complessità, sorretto da acidità e gusto eccezionali, riproposto con successo quale moderno protagonista della tavola. 

Queste storie moderne ed al contempo antichissime, introducono il racconto dell’altra categoria classica dei vini ossidativi, quella il cui segreto non sta appunto nella fortificazione, ma nell’azione prodigiosa di alcuni ceppi particolari di lieviti che contengono il gene flo-11, capace di trasformarli da anaerobici ad amanti dell’ossigeno, in grado di metabolizzare l’alcool e, aggregandosi, di formare quel velo protettivo, noto come voile o flor.

In degustazione apprezziamo ben due delle pochissime tipologie di vini da lieviti flor, la Malvasia di Bosa e la Vernaccia di Oristano, che nelle migliori espressioni non fanno rimpiangere alcuni vin jaune o sherry. 

L’idea dell’evento ci racconta Pintaudi, nasce dal suo amore per il Josephine Dorè di Marco De Bartoli, una vendemmia tardiva da uve grillo, ormai non più prodotto. Un grillo in purezza ossidato naturalmente i cui descrittori, sensazionali per bouquet, acidità, astringenza contemporanea, gli parve di riconoscere in un viaggio in Sardegna, degustando una pregiata Vernaccia di Oristano.

Ed a proposito di descrittori del vino, sappiamo che un vino, normalmente, non supera i venti, mentre la descrizione dei vini ossidativi ci può consentire di individuarne fino a 50 ! 

LA DEGUSTAZIONE

Malvasia di Bosa Doc Riserva 2015, Columbu 

La Malvasia di Bosa Riserva Columbu è uno straordinario vino ossidativo, vero e proprio pezzo di storia della Sardegna, grazie a Giovanni Battista Columbu che, innamoratosi della moglie Lina e del territorio, rilevò originariamente 3,5 ettari di vigna nelle campagne di Bosa, dando vita a straordinarie interpretazioni di questa Malvasia territoriale. Proprio il calcare di queste vigne poste in un areale a livello del mare e fino a 100 mt slm, le conferisce quella acidità e potenza preludio di lunga conservazione. Un etichetta di grande personalità e ricchezza aromatica, vinificata in ossidazione ed invecchiata per almeno 24 mesi in botti di castagno, legno che anche grazie alla particolare microssigenazione consente il formarsi della flor. Chiuso all’attacco olfattivo, si apre con discrezione virando verso la frutta secca, noce in particolar modo, ma tanto altro,  dall’uva passita, al coriandolo in seme, un gradevole rimando di caramello, su ricordi salmastri, di erbe aromatiche ed elicriso, che ritornano all’assaggio arricchito da sentori di albicocca e spezie, e rinfrescato dalla spiccata acidità. Lo pseudo calore iniziale si stende sul palato con particolare eleganza, rendendo il sorso fresco e piacevolissimo, chiudendo su una lunga trama sapida. 

Vernaccia di Oristano DOC Riserva 1995, Contini

Questo grande vitigno cresciuto nella bassa Valle del Tirso e nella zona del Sinis, insiste su terreni alluvionali sabbiosi e leggermente argillosi. E’ stato accertata, grazie al ritrovamento archeologico di vinaccioli, la sua presenza sul territorio da almeno 3000 anni, e nella storiografia è stato apprezzato da Papi, e pare dallo stesso Cristoforo Colombo che, salpando alla ricerca della nuova rotta per le Indie, ne volle portare con sé alcune botti. 

Di questa Doc , per prima riconosciuta in Sardegna nel 1971, che trascorre almeno 48 mesi in caratelli di rovere e castagno scolmi per favorire lo sviluppo della flor, degustiamo un Riserva del 1995.

Naso prezioso per complessità, dagli accenni di mandorle fresche e fiori bianchi, all’albicocca disidratata, una succosa scorza d’arancia amara, note di bergamotto, morbide sfumature di miele di castagno, origano, carrubbo, cenni boisé e di torrefazione. Colpisce l’assaggio diretto, asciutto e infinitamente sapido, dalla spiccata e avvolgente aromaticità, che restituisce un palato vellutato.

Si presta ad abbinamenti territoriali con protagonisti bottarga e formaggi erborinati. Noi lo abbiamo apprezzato anche con Tortino di patate con aringa affumicata, ed insalata di cavolo cappuccio bicolore allo yogurt greco, proposto da l’Archestrato.

Vecchio Samperi Perpetuo, imbottigliato 2022, Marco De Bartoli

E’ il primo vino prodotto da Marco De Bartoli fin dal 1980, in un momento storico nel quale il Marsala veniva per lo più utilizzato nell’industria alimentare, nella sua versione Fine. Ottenuto da uve Grillo in purezza, piantate tra il 1970 ed il 1996 nella contrada di Samperi, nell’entroterra marsalese, molte ad alberello, e così chiamato In onore al territorio, in particolare di quella contrada calcarea, arida, ma ricca di minerali e fossili marini, preziosi per queste vigne. “Perpetuo” in quanto per la sua produzione si utilizza un sistema di “travasi” di piccole parti di vino di fresca produzione in botti con vini già invecchiati, simile al metodo Solera.

Un vino luminoso, vero gioiello siciliano, ottenuto da fermentazione tradizionale in fusti di rovere e castagno a temperatura ambiente ad opera di lieviti indigeni ed invecchiato per almeno 15 anni in media, con l’aggiunta di una percentuale di vino più giovane ogni anno. In etichetta figura invece l’anno di imbottigliamento finale.

Naso giocato sull’affascinante alternanza di note di freschezza e di ossidazione. Dal balsamico di eucalipto e menta, alla mela cotogna ed albicocca disidratata, poi ancora timo e origano, sullo sfondo delicato di miele di acacia e fichi secchi. Un assaggio potente che conferma il naso, mai stucchevole grazie alla decisa acidità ed una persistente scia sapida.

La complessa struttura, lo rende non solo destinato ad un confortante fine pasto, ma in grado di esaltare un abbinamento caleidoscopico, dai formaggi stagionati, al rombo al forno, a brasati, e persino sorprendente con bottarga e ostriche, giocando sulle temperature di servizio.

Oxid Aging Igp Terre Siciliane, Vino Ossidativo Alessandro Viola

Ci ha sorpreso l’assaggio finale del vino di Alessandro Viola, prodotto ad Alcamo da questo innovativo produttore che, laureatosi in enologia , ha deciso di prendere in mano l’azienda di famiglia, rinunciando a vendere l’uva come l’azienda aveva fatto fin lì. Questo vino nasce dai primi tentativi (falliti) di produrre la sua vendemmia tardiva “50 gradi all’ombra”. Matura per sette anni in botti di castagno e poi per tre anni in bottiglia. Un vino ossidativo complesso ed estremamente elegante. Molto particolare e di non immediata lettura, risultando al naso appena dopo una corretta ossigenazione capace di esprimersi in un esuberante bouquet, che è un concentrato di sentori di macchia mediterranea, ma anche spezie balsamiche, cannella e note boisè. Un vino che ha una caratteristica in comune con le altre etichette in degustazione, tutte capaci di stimolare ricordi del passato, risultando al contempo estremamente contemporanee.

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