Pensate al fascino di antiche torri federiciane, divenute nei secoli dimora nobiliare, fulcro di una fiorente azienda agricola, di vigneti, ulivi secolari e profumati agrumeti. Ma Pupillo non è solo questo. Uno splendido Hortus conclusus, ricco di piante rare, nel quale e’ bello perdersi e che regala a sorpresa reperti arabo normanni, dove si erge ad immemore protagonista, da oltre due secoli, un gigantesco Ficus macrophilla sub specie columnaris.
Ma c’e’ ancora da raccontare di Cantine Pupillo, così dei vitigni riscoperti a fine anni ‘80, da Nino Pupillo, e dell’operosità appassionata della figlia Carmela che oggi ne prosegue il coraggioso disegno, affiancata dal fratello Sebastiano. Scopriremo storie di vini leggendari e moderne etichette pluripremiate, di vigne accarezzata dalla brezza salmastra del Mar Ionio, custodite da generazioni. Oggi l’azienda conta circa 200 ettari, molti dei quali popolati da vigneti ed agrumeti, a testimonianza dell’innata vocazione agricola della contrada Targia, dove crescono rigogliosi i vigneti a spalliera, di sei cru: Senie, Mulino, Podere 27, Tre Ettari, Favaraggio e Vignazza delle Monache.
Ma il racconto non può che cominciare dalla Targia e dalla poderosa Balza delle Mura Dionigiane. Già, perché la storia della famiglia Pupillo è legata a doppio filo alla Targia di Siracusa ed al Castello Solacium, ubicata com’è , questa prospera azienda fondata nel 1909, proprio sotto la Balza delle Mura fatte erigere nel 400 circa a.c. da Dionisio I tiranno di Siracusa, per completare quella cinta muraria protettiva che con i suoi oltre 20 km rappresentava la più estesa del mondo classico.
Nei secoli la Balza delle Mura Dionigiane, era divenuta quasi involontaria oasi naturalistica, certamente l’unico lussureggiante polmone verde a confine con l’ex feudo del Barone Arezzo, a nord di Siracusa, che un secolo fa passò ai Pupillo che vi trasferirono la residenza.
Fu così che Antonino, figlio di Sebastiano Pupillo e della Baronessa Eloisa Barresi di Canserìa, fece del Castello Solacium, all’origine dotato di 4 torrioni Federiciani, residenza di caccia medievale, in seguito masseria fortificata e infine, rimaneggiato nella sua architettura, una dimora nobiliare. Il giardino lussureggiante fa ancora da romantica cornice a quella che, Nino Pupillo, potenziando l’azienda agricola, trasformò anche in una nursery del Moscato di Siracusa, vitigno nobilissimo, 50anni fa quasi scomparso ed oggi emblema della Doc Siracusa.
“La Balza era l’unico grande polmone verde di Siracusa Nord. Un perfetto equilibrio di biodiversità , storia e natura, testimone vivente del passato glorioso, e del futuro di speranza del nostro territorio“ –
ci racconta Carmela Pupillo, che non a caso si esprime al passato – “Da anni, noi che non siamo i proprietari dell’area, chiediamo alle istituzioni responsabili di attivarsi per far sì che il Parco delle Mura Dionigiane possa divenire , da semplice perimetro tracciato su una mappa, ed abbandonato a degrado ed incuria, un luogo simbolico della rinascita città”.
“Nel frattempo incendi furiosi il 24 luglio hanno devastato la Sicilia, colpendo anche la nostra azienda, e soprattutto, quello che temevamo di più, distruggendo l’esuberante natura che impreziosiva le mura ciclopiche. Avvolti dall’enorme nuvola di fumo e cenere che circondava le nostre viti, l’agrumeto, gli ulivi secolari ed il Solacium, temevamo di scomparire noi stessi ed un pezzo fondamentale della storia di Siracusa” , chiosa emozionata Carmela !
Carmela e tutta la squadra dell’azienda Pupillo, sono intervenuti con tutti i loro mezzi riuscendo a salvare l’azienda, ma hanno voluto quest’anno che la festa del vino che rappresenta in tutta Italia “Calici di Stelle”, costituisse anche un momento di riflessione e consapevolezza.
Oggi non c’e’ più nulla da bruciare, ma è proprio questo il momento di non abbassare la guardia perchè incombe il pericolo alluvionale. La Balza senza gli alberi e le loro radici secolari, rimane alla mercè dei puntuali Medicane che arriveranno come ogni anno improvvisi e violenti. Occorre intervenire – una volta per tutte – sul Parco delle Mura Dionigiane, programmando interventi di manutenzione e messa in sicurezza.
Questo il messaggio della “passeggiata solidale” incipit della festa di Calici di Stelle, che ha rappresentato un happening testimoniale, riuscendo a coinvolgere la cittadinanza, ed associazioni della società civile, quali Legambiente, il FAI , Natura Sicula, Quasi Bikers, Strada del Vino della Val di Noto e tanti giornalisti e comunicatori, tutti riuniti al tramonto, sotto lo spettro di quelle mura gigantesche annerite da un saccheggio nemico, evocando quella fatica e sudore che 2500 anni fa, migliaia di siracusani misero in atto, riuniti da Dionigi, erigendole a monumento di difesa della città.
Simbolicamente oggi, lo stesso impegno , hanno voluto mostrare tutti coloro che l’azienda Pupillo è riuscita a coinvolgere nell’evento, per condividere il grido d’allarme ambientale.
Vent’anni di studi e tentativi hanno portato Nino Pupillo, incoraggiato dal grande Gino Veronelli ed affiancato dall’enologo per eccellenza Giacomo Tachis, a ricostituire le vigne dei suoi avi, ed infine riproporre il Moscato di Siracusa nella sua originaria versione dolce, vino scomparso da tempo, che interpreta al meglio il terroir Siracusano, declinandolo con note moderne e suadenti.
Oggi Carmela, che ha ereditato dal padre un’energia contagiosa, insieme al fratello Sebastiano che la supporta, ed una squadra coesa, sta facendo di Cantine Pupillo un’azienda vinicola pluripremiata e sensibile ad innovazione e sostenibilità ambientale.
Sotto la Balza, la terra di calcare e vulcaniti riesce a donare espressioni uniche al Catarratto Lucido, che da vita a Targetta , vino da Catarratto in purezza dalle vigne Senie. giallo paglierino carico, al naso risulta delicato con note di zagara, mela golden e pesca e lievi sentori minerali. Secco, sapido e fresco al palato avvolgente, di frutta matura, zenzero candito con note di alloro e ginestra.
Del cru della vigna Damarete, il Moscato Bianco gode dell’esposizione in pieno sole, su un suolo difficile da irrigare e coltivare meccanicamente, puntellato com’e’ di roccia affiorante dal sottile strato di terreno calcareo su cui è piantato. Da queste viti più antiche, nascono il passito Solacium, che merita un capitolo a sè, ma anche il Cyane. Una grande espressione della Doc Siracusa, Moscato in purezza, morbido e secco, profumato e dalla beva rinfrescata da note di macchia mediterranea, gelsomino, fiori di pesco e, col tempo arricchito da intriganti note idrocarburiche.
Abbiamo il privilegio di degustare anche un Cyane 2003, bianco secco di 20anni. Frutto di un annata molto calda, custodito gelosamente da Piero Caramma il cantiniere, fa parte delle riserve storiche. Queste vigne giovani e vigorose nel 2003 resistettero bene, donando al vino una bella freschezza che persiste. Dal colore topazio, sorprende per la sua aromaticità, per sentori di foglie di thè, albicocche, caramelle mou, pot pourry, fiori secchi, note balsamiche, cui seguono intriganti note affumicate e di erbe aromatiche; chiude su note idrocarburiche. All’assaggio è ancora fresco e sapido con una bella lunghezza legata al retrogusto di mela cotogna
Ci affascina nel contempo la storia del Pollio, prodotto dalla stessa vigna, e legata a quella del vino leggendario da moscato bianco, ritenuto da storici illustri il più antico d’italia, ma forse d’Europa. Saverio Landolina Nava lo cita come discendente diretto del Pollio proveniente dalla Tracia. Lo storico Tommaso Fazello conferma la tesi. Alexandre Dumas nel suo Grande Dizionario della Cucina italiana dell ‘800 ne parla tra le ricette antiche.
Declinato in versione moderna è un’etichetta leggermente abboccata, diremmo off dry.
Il naso ricorda quella parte di dolcezza legata al vitigno, quasi di confetto, fiori bianchi ed erbe aromatiche, e poi mandorle ed un leggero sbuffo di idrocarburo. Lo immaginiamo abbinato a piatti mediorientali, grazie alla sua dolcezza, con cibi speziati e anche piccanti. Il leggero residuo zuccherino bilancia la sua complessità, che ne fa buon compagno anche della pasticceria secca.
Recente l’etichetta di Damarete bianco macerato, che al calice regala un bel giallo dorato vivace. Ci sorprende per una consistenza quasi da rosso, ed i suoi toni ampi, di spezie dolci, erbe aromatiche come timo e salvia. Ed ancora note di mandarino candito ed albicocca, sostenuto da buona mineralita’. All’assaggio il sorso pieno con una bella acidità con aromi che raccontano il vissuto olfattivo, spostato sulle morbidezze. Si esalta se servito intorno ai 10 gradi di servizio, in ideale abbinamento, pensiamo a stocco e baccalà dalla sapidità importante, così come con acciughe e burro dolce del nord europa, e piatti agrodolci.
Accennavamo al vino Solacium, che prende il nome dal giardino delle delizie di Federico II, che ancora oggi regala l’incredibile opportunità di rifugiarvisi. Il Solacium è un passito antico, aristocratico, un istante di etereo rapimento, una presenza al palato gentile e timida. Portatore di una lunga tradizione, è stato pensato in maniera saggia dal fondatore di Cantine Pupillo e da Giacomo Tachis. Degustiamo per primo un gran Solacium 2003. Negli anni il vino risulta il più premiato dell’azienda, più volte 5 Grappoli Bibenda. Non è l’annata piu vecchia ma è importante sottolineare come sia nata così la riscoperta e la rinascita del Moscato di Siracusa, che papà Nino ed oggi Carmela, tengono viva. Al naso toni ampissimi, che originano dal miele di castagno, virando su toni di caramello, toffee, quasi panettone ed uva candita. Rinfrescato da suadenti note erbacee, e foglie di the nero, spezie, carrubbe, arancia amara e scorza di arance candite.
Al sorso, ci racconta un vino con una dolcezza naturale importante data dall’appassimento, ma si concentrano nell’acino anche tutte le parti di acidità e freschezza, con un sorso lunghissimo e vivace, e una promessa di longevità. Sovrammaturato in pianta , come da disciplinare del moscato bianco che è infatti l’unico in Sicilia a prevederlo. Carmela ci racconta la produzione, e come ad agosto siano messe in campo tecniche agronomiche sostenibili ed ecologiche , affinchè I grappoli rimangano ad appassire, ormai ombreggiati, perché il cambiamento climatico e le altissime improvvise temperature lo richiedono. Il tutto con l’anima satata (così si definisce l’ansia a Siracusa) di chi ne segue l’appassimento perche’ pioggia intensa o grandine rovinerebbe tutto.
Chiudiamo con il Solacium 2021. Freschissimo ve lo anticipiamo, con i suoi 14.5 titolo alcolometrico, di un ambra complesso, naso balsamico e di albicocche secche, sentori di arance e mele candite. Il suo plus, le persistenti note iodate, che lo rendono vibrante al palato e mai stucchevole. Grande complessità grazie anche alle note di datteri e fichi secchi e rinfrescante miele di corbezzolo. L’abbinamento classico lo rende compagno ideale di foie gras e formaggi erborinati stagionati, ma la suggestione che il visitatore di questo luogo rischia di vivere incamminandosi tra i vialetti del Solacium, induce a degustarlo lentamente perdendosi tra piante secolari ed il fruscio di macchie fiorite e laghetti.
Non si trovano vecchie annate della Doc Siracusa ed è stato un privilegio per noi narratori di storie di vino e di terroir, poter apprezzare alcune rarità di questa azienda, emblema di convivialità e cultura, dove torneremo certamente, magari per raccontarvi, del cru di Podere 27, dove il più antico vigneto di moscato bianco, allevato sul vocato terreno calcareo esprime un omonimo Metodo Classico brut nature millesimato, piuttosto che della capostipite Eloisa Barresi Baronessa di Canseria, e del Cabernet Sauvignon a lei dedicato… ma questa è un’altra storia !