L’ Etna un isola del grande “arcipelago Sicilia”, così amava definirla all’interno del mosaico vitivinicolo siciliano il cav. Giuseppe Benanti. La realtà vinicola etnea di appena 30 anni fa, osservata con curiosità e qualche pregiudizio dal mercato, si è ormai affermata come brand apprezzato a livello internazionale.
Questo grazie ad alcuni produttori avveduti, pronti ad affrontare le sfide che il mondo moderno del vino proponeva, e che hanno costituito un volano per l’esplosione del fenomeno Etna, seguite da tante altre eccellenti produzioni, affermatesi nel tempo. Già perché il vino, i wine expert lo sanno bene, ha bisogno di tempo ! Questo uno dei temi dell’evento più atteso da winelovers ed addetti ai lavori, che anche quest’anno ha aperto il fittissimo calendario della più longeva manifestazione che celebra i Vini del Vulcano, la “Vini Milo”.
La Masterclass “L’Etna tra i territori dei grandi bianchi”, organizzata da Benanti Winery, e condotta da Federico Latteri, ha avuto il taglio di un dialogo tra pubblico ed esperti, nel confronto tra alcune etichette d’eccellenza di Etna, Italia ed Europa, degustate in tre diverse batterie. Un’occasione imperdibile per approfondire non solo le diversità che l’Etna riesce a produrre, ma per scoprire ciò che accomuna tutti questi grandissimi territori, capaci di esprimere diversità a breve distanza.
Un caleidoscopio di vigneti, di terroir che, pur mantenendo caratteristiche comuni, riescono a produrre etichette peculiari e di valore. Ne è nato un bel confronto tra i produttori presenti, innanzi tutto tra Antonio Benanti e Marco Nicolosi di Barone di Villagrande, che interpretano i Bianchi dell’Etna fin dall’allevamento con tecniche differenti, dialogo segnato dai puntuali interventi di Agatino Failla global sales marketing manager di Benanti e grande conoscitore del mercato estero. Preziosi gli interventi di Fabio Costantino di Terra Costantino, e Daniele Forzisi per Tenuta di Fessina.
LA DEGUSTAZIONE
Etna Bianco Contrada Blandano 2019 – Terra Costantino
Siamo a sud est del vulcano tra 450 e 550 mt slm, la particolarità risiede nella produzione da vigneti storici, viti ad alberello di circa di 80anni. Le uve 90% carricante e saldo 10% di catarratto, accuratamente selezionate affinano in acciaio e nel finale in botte grande da 20 hl.
Il vino riposa sulle fecce fini, e poi in bottiglia per diversi anni. Quello degustato è l’anteprima dell’etichetta che sarà presentata, come consuetudine a Vinitaly il prossimo anno.
Profilo di particolare ricchezza che si esprime sul frutto, strizzando l’occhio ad un gusto mediterraneo, Parziale esposizione delle vigne verso il mare al naso erbe aromatiche sotto traccia arricchiscono il bouquet. Anche in bocca inizialmente va più sulla rotondità, presentandosi di buona struttura. Al palato ricorda le espressioni tipiche del vulcano, per mineralità, ma con le caratteristiche solari della costa, bella sapidità e freschezza. La meraviglia di questa vendemmia 2019 sta, a nostro avviso, nel continuare ad esprime il vigore della gioventù , sintomo che il vino negli anni potrà ancora esprimere caratteristiche interessanti.
Etna Bianco A’ Puddara 2019 – Tenuta di Fessina
Passiamo al Versante sud ovest e saliamo ad un altitudine di 900 mt. in c.da Manzudda, a Biancavilla. A’Puddara etichetta apprezzatissima dal mercato , è frutto di carricante in purezza. Il nome puddara, e’ l’appellativo dei contadini del luogo per indicare la costellazione delle Pleiadi che, osservandole di notte, immaginavano che le stelle formassero il profilo di una chioccia.
Naso declinato in freschezza, da vino di montagna. Riconosciamo sentori di mela verde, agrumi, erbe officinali come citronella, su una lunga scia sapida, per un grande vino del vulcano.
A Biancavilla il tramonto bacia l’uva, ma il soleggiamento pomeridiano è compensato dall’altitudine della contrada. Agatino Failla -sollecitato dalle domande dei winelovers- ricorda come la 2019 per definizione è stata una delle annate migliori per tutti i versanti etnei, perché regolare. Nei calici di questo millesimo si ritrova la qualità, pur con le differenze di espressione, costituite dalla tipicità delle coltivazioni autoctone di quella zona.
Etna Bianco Superiore Contrada Villagrande 2019-Barone di Villagrande
Dicevamo come all’interno del versante est, Villagrande e Benanti esprimono il territorio con due tecniche di vinificazione diverse. Questa 2019
è tra le migliori versioni di sempre di Villagrande, rappresentando bene la completezza, la consistenza e la mineralità del territorio di Milo. Ricorda l’estate calda e le piogge abbondanti, che in primavera hanno aiutato le piante a superare l’estate. Ritroviamo ben presente sia la freschezza che il calore che contraddistinguono l’Etna, frutto di vigneti storici, allevati a spalliera, che si sono ben adattati al territorio. Marco Nicolosi, senza omologarsi, vuole essere rappresentativo del territorio di Milo. Non è un carricante in purezza, ma il saldo del 10% è rappresentato da un blend di varietà minori, da sempre presenti in vigna: catarratto anche lucido, minnella, visparola, marchesa bianca, ed altri antichi varietali, che ci piace pensare riescano a contribuire alla complessità del vino. Di certo il mantenimento di queste varietà minori, costituisce un importante patrimonio genetico da tramandare.
Naso corposo , pulito , elegante, declinato sulla parte agrumata. Traccia salmastra in sottofondo, ed una sfumatura mielata, che conferisce note di dolcezza, rinfrescate dal salmastro. Gioca su chiaro scuri, che donano percezione di un vino che potremo seguire in bella evoluzione nel tempo.
Etna Bianco Superiore Contrada Rinazzo 2019 – Benanti
Progetto nuovo, cru dedicato al carricante in purezza, prima annata la 2018, da alberelli di circa 20anni. Quasi 7 gli ettari in c.da Rinazzo di Milo dove i Benanti hanno provveduto alla ricostruzione dei muretti a secco caduti, curando questi vigneti fronte mare ad 800 mt. di altitudine, con alle spalle lo splendido scenario della Valle del Bove. L’impatto scenografico per il visitatore risulta quasi stordente. “Qui la natura ed il paesaggio agricolo, regalano emozioni simili a quelle che il viaggiatore può provare in Mosella -conferma Agatino Failla- ed in qualche modo identifica comparazioni e differenze di questa espressione di carricante”.
Nel suo intervento Antonio Benanti ha ringraziato lo stesso Agatino, apprezzandone il trasporto e l’emozione con cui ha ricordato il padre, il cav. Giuseppe che, proprio come Agatino, amava raccontare la visione ed il vissuto dell’azienda.
Tre gli elementi principali che possono fare la differenza con altre espressioni l’altitudine, 100 mt di dislivello in più rispetto p.es. a Villagrande, l’allevamento ad alberello, la tecnica di vinificazione, con affinamento in acciaio e quindi riposo del vino sur lies per un anno.
Un naso freschissimo dove l’aspetto agrumato è piu’ evidente; c’e’ sempre il floreale, ma da fiore giallo. Non mancano rimandi alla zagara in questo Rinazzo, dove c’è l’aspetto salmastro a ravvivare il palato, meno i sentori mielati. Un sorso vibrante, vivo, di bella acidità e buona consistenza, con un palato già avvolgente ed un bel finale sapido.
Derthona Costa del Vento 2018 – Vigneti Massa
Affascinante, mai scontato, con i tipici sentori idrocarburici che cominciano a percepirsi. Spessore, slancio e longevità caratterizzano questo millesimo 2018. Il Timorasso, anni fa un vitigno quasi dimenticato e com’è noto riportato in auge da Walter Massa, che è il vero geniale fautore della sua riscoperta; aggiungeteci una macerazione sulle bucce di 10 mesi e un anno di affinamento in bottiglia ed il gioco è fatto !
Bella struttura, dalla gamma olfattiva ampia e complessa, con sentori di albicocca, pesca, ed ancora caramello e vaniglia, supportate da una bella nota balsamica.
Al palato è materico ed intenso, riservando al nostro assaggio una spiccata mineralità e freschezza.
Castelli di Jesi Riserva Classico Villa Bucci 2018 – Bucci
Colpisce l’eleganza e la compostezza di questa etichetta. Ogni cosa infatti , sia al naso che al palato, sembra essere al posto giusto. Non a caso è costantemente riconosciuto come uno dei grandi bianchi italiani. Federico Latteri ricorda l’emozione provata all’assaggio di un millesimo 1999 di questa etichetta.
La nostra 2018 risulta corposa ed intensa, rotonda e complessa. Il vino è affinato per 18 mesi in botte di rovere e profuma di frutta, spezie, erbe aromatiche, miele e nocciole, che accompagnano un sorso morbido e ricco, elegante ed equilibrato. La freschezza del Verdicchio unita alla complessità dell’affinamento in botte
Regala un gusto ricco ed intenso, morbido ed equilibrato, asciutto ed elegante, dal plateau molto lungo.
Soave Classico Calvarino 2016 – Pieropan
Territorio e tradizione per un’etichetta icona che ha appena compiuto 50 anni. Ricchezza di frutto, equilibrio e mineralità lo caratterizzano. Il Soave ha avuto alterne vicende, transitando da vini utilizzati per grandi volumi commerciali, alle eccellenze assolute.
Calvarino ha un 30% di Trebbiano di Soave ( tipico del Lugana ribattezzato Turbiana) sulla base di Garganega. Più verticale del noto Soave. E’ un bianco da invecchiamento, 50 anni fa nel 1971 uscì la prima annata. Affina oggi in cemento vetrificato, che esalta la freschezza e lo slancio date dal Trebbiano, mentre la garganega si esprime più in ricchezza aromatica.
Un naso floreale più pronunciato e frutta gialla di maturità non eccessiva , non troppo evoluta. I terreni geologicamente di antica natura vulcanica danno una bella energia a questo vino, dove l’incipit è la ricchezza aromatica, ed il sorso è animato da una freschezza persistente.
Di lungo corso !
La capacità espressiva ed evolutiva, a nostro avviso, lega questa batteria di vini al carricante ; sono tre profili differenti ma un po’ tutti legati da questa percezione. Ma veniamo al profilo spiazzante di
Fiano di Avellino Erminia 2004 – Di Meo
Roberto e Generoso Di Meo lo producono nell’areale di Salza Irpina. L’annata in commercio è proprio questa 2004. Ha compiuto in acciaio un lunghissimo affinamento ed è prodotto solo in alcune annate particolari che lo consentono. Etichetta molto particolare, dedicata alla sorella scomparsa Erminia appunto.
Un unicum questa espressione di Fiano, che sembrerebbe un vecchio millesimo ma in realtà come accennavamo è l’ultima annata di questo vino, giunto in commercio solo dopo un lunghissimo affinamento. Affascina la coesistenza di note fresche con sentori più evoluti. Rappresenta bene il valore del tempo.
Inizialmente floreale, questo Fiano ( apianum per gli antichi romani, per la ricchezza di zuccheri di frutta gialla che attirava le api ) sviluppa negli anni una parte affumicata, tipica dell’areale Irpino.
Fiore giallo macerato di camomilla, presente la parte fruttata gialla, mentre le note affumicate, giungono per via retronasale e risultano molto più pronunciate. Struttura e freschezza mantenute, in uno ad una mineralità e consistenza notevole. Cambia poi, con note quasi torbate. Un vino che ha pochissimi termini di paragone , anche nella sua tipologia !
Veniamo alla Batteria degli europei.
Alsace Riesling Clos Windsbuhl 2021 – Domaine Zind-Humbrecht
È figlio di un grande vigneto interpretato da uno dei più rinomati produttori alsaziani. Vino elegante, preciso e lunghissimo, un classico da uno dei produttori piu performanti e rappresentativi d’Alsazia. Una famiglia che iniziò a fare vino nel 1600, ma il Domaine è certamente più recente. Anno dopo anno esprime punte d’eccellenza in vari Grand Cru. Quello degustato non lo e’, ma proviene da un vigneto storico della famiglia Clos Windsbuhl , etichetta di gran pregio pur non avendo nel disciplinare la menzione di Grand Cru. Villaggio caratterizzato da notevolissime pendenze, che rendono complicato l’allevamento.
La 2021 è un annata che si caratterizza per una produzione di vini secchi, mentre normalmente in Alsazia i residui sono molto più larghi e grassi in bocca. Una combinazione tra bella frescezza e ricchezza alsaziana. Elegante la fase iniziale di idrocarburo, seguita dal frutto soffuso.
Si mantiene un po’ all’assaggio, la tensione è infatti la sua caratteristica peculiare. Sullo sfondo note di zucchero filato , e colpisce per i contrasti continui, caratterizzato com’è da una acidità quasi tagliente e bella consistenza, capace già di esprimere buona persistenza.
Osterreichischer Weinland Ex Vero II 2020 – Weingut Werlitsch
Dalla Stiria un grande esempio di pura verticalità, Un etichetta vegetale, ma mai pungente al naso, che trasmette una grande energia. In Austria la più importante denominazione è Wachau ; la scelta della degustazione e’ invece caduta sulla parte meridionale dell’Austria, la Stiria, intorno a Graz. Qui il territorio è più calcareo con importanti componenti marine. Etichetta con denominazione generica , costituita da un 70% di sauvignon blanc ed un saldo di morillon, nome che qui danno allo chardonnay .
La semiaromaticità del sauvignon blanc , marca di solito i vini con il suo varietale. In questa espressione il lato vegetale, che comunque lo distingue, non è però verde o pungente, risultando molto disteso, quasi armonico.
Una bella acidità al sorso ed una grande spinta acida, ma anche grande equilibrio per questo vino, frutto di agricoltura biodinamica . Qui bevi sostanzialmente il territorio, più che il varietale.
Al palato questa etichetta risulta accostabile ai vini etnei; qui l’acidità e la verticalità sono elemento di rottura con zone più blasonate dell’Austria. Una bella scoperta !
Puligny-Montrachet Les Nosroyes 2020 – Domaine Génot-Boulanger
Stile classico, per questo delizioso bianco di Borgogna, che mostra il lato più fresco e agrumato dello Chardonnay. Eccellente, pur non essendo un Premier cru. Nato negli anni 70, il Domaine ha la sua sede Mersault, ma con vigneti siti nelle zone piu rinomate della Cote de Baune. Vinificazione classica borgognona, poi affina in piece di rovere da 228 lt. di cui il 15% nuove.
Uno chardonnay che non ha nessuna deriva del varietale, si mantiene preciso, minerale, freschissimo, quasi più pronunciato l’aspetto salmastro, che quello burroso. Da bere anche così giovane, perché le note dolci del rovere, arricchite da note integrate di fiori di frutteto, ed una corrente agrumata , levigata da sapidi bagliori, riescono a regalare un assaggio carnoso e generoso.
Ricchezza e compostezza, la struttura emblematica di Puligny-Montrachet.
Uno di quei vini che tradiscono quella grande tradizione e conoscenza del terroir, capace di estrarre il meglio della storia ed esperienza della gente di Borgogna.
Friuli Venezia Giulia Kai 2020 – Paraschos
Le vigne ubicate sul margine territoriale tra Friuli e Slovenia, tra San Floriano del Collio e Gorizia ne fanno un autentico “vino di confine”, che sorprende per ricchezza del bouquet .
Friulano in purezza, allevato sulla ponka (terreno di marna, argilla ed humus). Risulta maturo al naso, quanto snello ed agile al palato, di grande piacevolezza.
La tecnica di vinificazione è artigianale, con breve fermentazione sulle bucce in tini di rovere ed una leggera macerazione , capace di esprimere quella ricchezza che il produttore vuole ottenere, affinandolo a lungo in botti grandi.
Un naso intenso e ricco, con note di frutta gialla non eccessivamente matura, con note resinose particolari, che aiutano a conservare tutta l’integrità del frutto di questo friulano.
Affascina all’assaggio, dove il naso opulento lascia il posto ad un palato energico, fresco su una scia minerale, di note salmastre e spezie dolci, ma anche polposo. Un vino dal profilo singolare ed originale.
A conclusione di questa partecipatissima masterclass, Agatino Failla ha opportunamente chiosato come sia sorprendente che ogni anno ci sia più tipicità e riconoscibilità sull’Etna, “Dove cresce la qualità, anche nel senso della persistenza che rimane in bocca, capace di trasmetterti un messaggio che identifica i territori diversi dove vengono allevate queste uve. Proposte uno dopo l’altra, queste etichette di livello, italiane ed europee, frutto di stili differenti, dal convenzionale al biodinamico, vanno valutate senza blocchi preconcettuali, apprezzandone il valore, degustando i vini per quello che sono, certamente diversi anche per stile e territorio, ma declinati sul fil rouge della grande qualità. Ciascuno di noi , se riesce a degustare senza etichette precostituite e sovrastrutture, può vivere l’emozione di accostarsi ai singoli territori , avendo la capacità e cultura di coglierne le sensazioni di eccellenza, analizzando i vini in maniera diretta”.
Potremmo concludere che ciò che emerge da questa prestigiosa degustazione che ha aperto “Vini Milo” è che “il vino fatto bene è quello che esprime appunto il territorio di provenienza e lo sa rendere riconoscibile all’assaggio, perché il vino è cultura e non omologazione”.