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L’Etna può candidarsi a “classic region” del vino?

Il successo dei vini dell'Etna può fare del Vulcano una futura classic region del vino? Cristina Mercuri affronta il tema in un blind tasting di nuove e vecchie annate di Tenute Nicosia

Una Masterclass tanto attesa a “Bolle in Vigna 2024“, nell’ambito di una due giorni intensa ed un press tour nazionale, dove Cristina Mercuri introduce insieme a Graziano Nicosia un tema nuovo per Bolle in Vigna. La V Edizione dell’evento ha voluto infatti raddoppiare gli appuntamenti, parlando di Etna a 360 gradi ed inaugurando, per l’occasione, la nuova sala degustazione di Tenute Nicosia.

Ogni anno i guru del vino, da Jancis Robinson critica e giornalista enologica considerata la più autorevole al mondo, a Wine Spectator, pubblicano i propri report che puntualmente influenzano il mercato. Ci riferiamo ai vintage report -resoconti delle annate- dei vari Bordeaux, Burgundy, Champagne, ai quali negli ultimi anni si sono aggiunti il Barolo ed il Brunello. Secondo gli esperti infatti, la serietà vinicola di una Regione la si comprende dal potenziale evolutivo espresso dalle proprie bottiglie.

Lo scopo della degustazione alla cieca è stato quindi innanzi tutto comprendere come mai l’Etna sta riscuotendo questo grande consenso nel mercato internazionale. Ma non solo! Cristina Mercuri (candidata a Master of Wine e Wine educator) provocatoriamente ci fa riflettere sulle origini del successo e su dove potrà attestarsi… “Qual’è il futuro vinicolo dell’Etna a confronto con i grandi classici delle titolate regioni del mondo?”

La scelta di Cristina è stata proporre l’assaggio di due vecchie annate per ciascuna etichetta in degustazione, per provare a comprendere se c’è una riflessione del terroir nella singola annata e la capacità evolutiva dei vitigni simbolo della viticultura etnea, carricante e nerello mascalese.

Quella che il cavaliere Giuseppe Benanti -uno dei mentori moderni della rinascita dei vini etnei- definiva “un’isola del grande arcipelago Sicilia” in realtà sa esprimersi nei propri frutti con apprezzata diversità, pur mantenendo caratteristiche comuni e riuscendo a produrre etichette peculiari e di valore.

ph. Tahnee Drago

I vini che a’ Muntagna regala sono influenzati da diversi fattori. L’altitudine, l’esposizione e il fattore vulcano, in primo luogo. L’età di un terreno, che sappiamo si modifica dopo 500 anni dalla colata, iniziando ad essere fertile. I fattori naturali che influenzando la qualità e lo stile dei vini dell’Etna, si ritrovano anche nel tema dei Versanti. A nord ad es. la protezione dei Nebrodi rende meno freddo di quanto si immagini il microclima, mentre al pomeriggio il sole è meno cocente. Il Versante est, quello dell’Etna Bianco Superiore, gode di oltre 1000 mm di pioggia in media all’anno, impensabili nelle zone più calde a sud ovest. L’altitudine poi, influisce certamente, differenziando per acidità innanzi tutto i vini prodotti a 400/500 mt. grazie al peso al palato, alcol e maturità del frutto, rispetto per es. ai vini tra i 900 mt. Qui la luminosità del singolo areale è un fattore importante, come le diverse esposizioni delle ormai quasi 150 Contrade. I vini di Tenute Nicosia, in questo caso da vigne esposte ad est sud-est intorno a Monte Gorna con un altitudine intorno ai 700 mt. e suoli ricchi di ripiddu, pomice, potassio, e tanto altro, che rendono il terreno molto drenante, denotano note di acidità più morbida e accogliente.

Assaggiamo un’annata recente e quindi due vecchie annate alla cieca per ciascuna referenza, provando a percepire se e come -negli ultimi 15 anni- anche l’andamento delle annate sull’Etna abbia influenzato i propri vini. Annate calde (soleggiate, asciutte con leggero stress idrico) come la 2021 e 2022, si sono alternate a fresche (senza shock termici, ma caratterizzate dalla regolarità delle temperature)e ad annate particolarmente luminose (come la 2020, che è considerata una top vintage sull’Etna).

La 2019 dove la vibrante pioggia primaverile ha evitato l’incombente stress idrico, è stata davvero bella e luminosa. La 2018 un’annata ballerina, con grande alternanza climatica. La 2017 un pò siccitosa, ma con un settembre fresco. La 2016 molto regolare e luminosa, con una bella escursione termica, ha regalato un frutto più maturo e concentrato. La 2015 con un inverno piovoso, caldo non eccessivo, ha mostrato un bel potenziale ed i suoi vini invecchiano lentamente in bottiglia. La 2014 risultata piovosa nel resto d’Italia, sul Vulcano protetto dai Nebrodi, ha regalato un’ ottima annata per equilibrio e acidità, con vini slanciati e decisi. Andando indietro alle annate più vecchie, ricordiamo la 2013 com una bella annata insieme alla 2011, molto luminose, mentre più calda la 2012. Regolare infine l’annata 2010.

La masterclass comincia con un Sosta Tre Santi Brut Etna Doc, che si rivela essere un 2019, metodo classico da nerello mascalese, un blanc de noir dove la piovosa primavera dell’annata, seguita da un giugno asciutto ed un’estate regolare, ha prodotto un vino fresco ed acido, di bella verticalità. Un profilo nordico per questo nerello che fa 36 mesi di affinamento sui lieviti. Tenute Nicosia, val la pena ricordarlo, nel 2011 è stata la prima azienda a produrre un Etna Doc da nerello mascalese vinificato in bianco, quando è stato cambiato il disciplinare di produzione. Una referenza che ha goduto della luminosità e belle escursioni termiche. Frutto vibrante leggiadro preciso. Non dosato, fa solo acciaio e ci dona un naso ancora giovane, con note di limone e mela fresca, piccole bacche rosse sullo sfondo e note secondarie da affinamento sui lieviti, di crema pasticcera e croissant. Acidità slanciata ma con un frutto ben definito al palato. Il peso e la concentrazione riflettono il territorio, come spesso accade sull’Etna.

Nel secondo vino, un naso ancora giovane, fa spazio ad una nota leggera di tabacco, ed un frutto più maturo, sui toni di pesca e albicocca. Acidità molto elegante, più rinfrescante del primo e che si allarga al palato. L’annata diversa si svela essere una 2016, baciata da un clima regolare con belle escursioni termiche, asciutta non stressante, che ha dato un prodotto di grande eleganza!

Il calice n.3 , all’olfatto presenta innanzi tutto note di limone, frutta secca e poi una scia affumicata sul finale. Ancora slanciato premia la parte agrumata, frutto del momento di vendemmia scelto oculatamente, considerata l’estate calda ed asciutta di questa etichetta, che si scopre essere una 2015. Si rivela così anche l’importanza di gestire le piante per preservare equilibrio, tra alcol potenziale e acidità.

Carricante protagonista del vino n.4, Monte Gorna Vecchie Viti 2019. Da viti di oltre 60anni terreno molto drenante e vendemmia a mano. Frutto di basse rese selezionate, di qualità ed eleganza, e di un lungo affinamento sur lie e frequenti batonnàge. Quattro gli anni di maturazione, di cui uno in barrique. Note fruttate di susina gialla, pera e mela mature, che parlano di garrigue, ginestra, limone e leggere note speziate. Al palato coerente riprende la parte leggermente tostata, allargandosi piano rivelando spessore e persistenza. L’annata 2019, riconoscibile per la vibrazione al palato che gioca sulla golosità del frutto.

Il Calice n.5 propone lo stesso vino di annata diversa. Valutiamo come un carricante dell’Etna tenga la sfida del tempo. Naso leggermente evoluto, di mandorla e noce, con note di tabacco, un terziario bilanciato dal frutto maturo di mela cotogna e floreale di camomilla, e quasi sensazioni di crostata alle albicocche. Acidità molto ben integrata all’assaggio su un frutto dolce e maturo. L’altro millesimo si slanciava sul finale, questo si rivela più ampio e goloso. Si svela essere l’annata 2015 relativamente calda, ma non siccitosa, generosa appunto.

Calice n.6 del Carricante Monte Gorna Vecchie Viti, regala note di confetto e zucchero filato e bei terziari. Ritorna la parte di erbe spontanee e quasi di incenso. Un vino complesso con un assaggio di grande grazia. Elegante e lunghissimo nel suo finale ancora sapido. Una vera rivelazione questa annata degustata, addirittura una 2012!

Sui Bianchi degustati non possiamo che rispondere positivamente alla domanda della Mercuri, specie quando si tratta di un vino fatto bene come quello che riesce ad esprimere il territorio ed addirittura l’annata, rendendoli riconoscibili all’assaggio.

Ma come si comportano i rossi da nerello mascalese, alla stessa prova del tempo?

Cominciamo con Monte Gorna Rosso da nerello mascalese e saldo di cappuccio. Viti allevate a controspalliera dove l’annata open label è la 2020, considerata una top vintage. Macerazione per circa 10/15 giorni, poi il 50% della massa fa legno piccolo per 6 mesi e 6 mesi di legno grande, per venire assemblata con il restante 50% della massa che fa solo acciaio. Un bel bouquet di fragolina di bosco, ciliegia, fiori rossi e violetta. Si capisce perchè Cristina definisca idealmente il Nerello Mascalese, come frutto di un love affair tra un pinot noir e un nebbiolo. Dove la grazia del pinot noir ed il suo frutto incontrano la potenza di un nebbiolo, pur mantenendo la golosità del frutto rosso. Un assaggio che presenta acidità elevata, rinfrescante con tannini evidenti ma setosi. Le temperature di servizio andrebbero qui mantenute sui 14 gradi, per rendere questi vini più freschi e piacevoli anche d’estate.

Calice n.8 sempre del rosso da Monte Gorna. Più riservato e sottile, con note di tabacco e pietra focaia. Tannino ben risolto in equilibrio con il corpo grazie all’acidità. All’assaggio ancora sottile e leggiadro. Un vino che premia maggiormente la “no fruit intensity”. Prevalgono infatti pietra focaia, erbe secche, macchia mediterranea ed una nota affumicata. Verticale anche al palato questa annata, svelata come la 2014, annata fresca che sul lungo periodo sta mostrando tutta la sua eleganza.

Calice n.9 dal naso evoluto, ma che mostra ancora un pò di frutto nero di mora e ribes, mentre ritorna una nota di affumicatura. Qui l’acidità entra per prima e quindi arriva un bel finale di frutta, sembra proprio un’annata top vintage che premia sia il frutto che lo slancio. In effetti è la 2011, un annata storica per questa zona dell’Etna, che ha regalato esemplari magnifici!

Finiamo con l’etichetta di prestigio Vecchie Viti Monte Gorna Rosso Riserva 2017, da alberelli di nerello mascalese, sempre a 700 mt. slm. Fa una parte di crio macerazione a freddo che ne estrae colore ed aromi. Poi in fermentazione la macerazione piu estesa (dai 20 ai 30 gg.) serve a estrapolare i tannini ed avere una certa polimerizzazione. Quindi compie la malolattica in legno grande. Quattro anni di maturazione in cantina di cui 24 mesi in barrique mai nuove. L’annata un pò siccitosa, non sgrazia i tannini molto ben gestiti. Insolazione sud est e gestione del cappello hanno evidentemente aiutato questa annata. Un frutto non surmaturo, regala note agrumate di arancia rossa, floreali di potpourri e di erbe mediterranee. Di bell’acidità, si mantiene energico ma ancora vitale, sintomo che le vecchie viti soffrono meno lo stress idrico.

I calici finali sono frutto di due Magnum, dove l’evoluzione del vino risulta normalmente più lenta.Calice n.11 del Vecchie Viti presenta più vibrazione e slancio, ma anche concentrazione di frutti rossi e neri, ciliegia, marasca e rosa. Dai tannini ben presenti, ma integrati. Finale fruttato che rimane armonico. Si rivela da annata fresca, una 2015 buona per regolarità e densità, maturazione e precisione, che ha dato un prodotto di muscolo ed eleganza insieme.

Dall’ultimo assaggio – una 2014 – una grazia che dopo tutti questi anni non ti aspetti, ma è frutto dell’annata! Nota terrosa di pietra focaia, poi erbe mediterranee, assaggio risolto ed allungato, lineare. Stesso vigneto per queste due magnum, ma espressioni davvero diverse, rivelano che questi vini possono essere di grande invecchiamento, e anche il nerello interpretando l’annata e il territorio in maniera molto decisa, rivela vini eccellenti.

La diversità dei versanti, l’altitudine, col climate change, grazie a vitigni come carricante e nerello mascalese, capaci di mantenere l’acidità nonostante il calore, che regalano tannini molto sottili, ed un profilo visivo scarico, sono molto contemporanei. Oggi il consumatore internazionale sembra orientato su vini meno colorati, meno alcolici e meno opulenti. Ed una delle risposte possibili sembra proprio la viticultura dell’Etna con i suoi prìncipi alla prova del tempo e della comunicazione, che ci diranno se in futuro sarà annoverata tra le classic wine region of the world.